
Mi ero innamorata di questa scrittrice con *Un complicato atto d’amore*, ed. Adelphi, la storia di una ragazzina mennonita canadese _qui la recensione_, e l’avevo poi apprezzata anche in *In fuga con la zia*, ed. Marcos y Marcos.
L’estate scorsa a New York ho preso quindi *Summer of my amazing luck*, non pubblicato in Italia.
Anche qui, protagonista una ragazza, un po’ più grande questa volta, o per lo meno costretta a esserlo: Lucy, diciottenne, ragazza madre. Lucy ha un bimbo, Dill _così chiamato dal criminale del periodo della Grande Depressione, John Dillinger, considerato da Lucy un uomo fortunato, come spera sia il suo bimbo_, di 10 mesi, di cui non sa chi sia il padre. Orfana di madre, uccisa durante un tentativo di rapina, ha pochi rapporti con il padre, solitario e musone, non lavora perché deve prendersi cura del figlio, e vive quindi grazie al sussidio pubblico, in una casa d’accoglienza per madri sole, Have-a-Life, chiamata da tutte Half-a-Life. Ambientazione: Winnipeg, Manitoba, Canada.
Detto così, sembrerebbe un po’ triste e deprimente, ma non lo è assolutamente, anzi, è un libro molto divertente, avvincente e positivo.
Half-a-Life, infatti, è una piccola comunità, dove si incontrano i personaggi più strambi: Lish, co-protagonista insieme a Lucy, madre di 4 figlie (Hope, Maya, e le due gemelle Alba e Letitia), inguaribile ottimista irrimediabilmente innamorata di un mangiatore di fuoco, con cui ha passato una sola notte d’amore, concependo le due gemelle, la cui missione è far divertire e ridere le persone che la circondano; Mercy, abbreviazione di Mercedes _così chiamata dalla madre perché una Mercedes _automobile_ è stata l’ultima cosa che ha visto del padre_ con la piccola Zara, una delle poche ospiti a lavorare; uno dei rari uomini della casa, Singh Dhillon, detto Sing Dylan, indiano, senza permesso di soggiorno; e poi Terrapin, Sarah, Teresa, Pillar, Naomi… una compagnia stramba e variegata. Tutte alle prese con pannolini, pappe _gli spaghetti è il piatto che va per la maggiore per i bimbi di Half-a-Life_, incontri con assistenti sociali, pseudo-fidanzati _per le più fortunate_ o ex-mariti, sogni di rosei futuri con uomini perfetti.
It was our time of the day. Dusk. My favourite time. This time and very early morning. These were the times people like us made sense. Before and after the hullaballoo of the work day, before and after the real time, when interest rates and house taxes and rental equipment and bad debts and loan payments and funeral homes and car washes and TV repair shops and malls and soup kitchens and utility companies and garages and car dealers and daycares and daytimers and mandates and agendas and health clinics were all busy and we were hustled off to the wings. In the early morning and at dusk we emerged, purposeful, engaged, necessary.
Lucy vuole, nonostante le difficoltà, essere felice e che le persone che la circondano siano felici e fortunate. Così, invia delle finte lettere a Lish da parte di Gotcha, il mangiatore di fuoco, in cui scrive che è innamorato di lei, che la pensa ancora dopo 5 anni, che vorrebbe andare a trovarla, ma è in bloccato in Colorado. Niente di più semplice per Lish: un invito a prendere furgone, bambine, Lucy e Dill, e partire alla volta degli USA.
Il viaggio finirà come dovrà finire, ma sarà un’ottima occasione per Lucy e Lish e i loro bimbi di divertirsi, e riflettere su quanto, nonostante tutto, siano fortunati.
“Yeah, but we’re poor because we’re stupid. And being poor makes us more stupid.”
“No, it doesn’t. It makes other people think we’re stupid. You know there are so many pissed-off people who are considered much more successful than me, but I think I’m happy. I feel happy. I don’t know why. I have Dill. I’m young. We’re on the road. Stuff’s happening. I wish it was enough to be happy. It should be, you know. That should be the mark of the success, you know, just a general feeling of happiness. I mean considering everything, I think I’m fucking amazing for being happy.
*giuliaduepuntozero
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