Mi riferisco al lettore: “quel che non ho letto io non vale la pena di essere letto”
Dicevo, nella prima puntata di questa serie dedicata ai “consigli” su come creare un gruppo di lettura, che la lettura non è una pratica sociale. Il che ovviamente complica il nostro lavoro per far crescere felice il nostro gruppo (che, ricordo, ha come obiettivo la condivisione dell’esperienza di lettura di un certo libro).
Qui però non voglio occuparmi delle difficoltà emotive a parlare con sincerità del libro letto, delle quali ho già accennato nell’altro post (e che sono, tanto per ribadire, difficoltà fondamentali).
No, qui e ora, mi preoccupo di roba più rozza e difficile da digerire.
È il ruolo potenzialmente distruttivo per il gruppo di lettura del lettore spaccone, presuntuoso e dall’ego un po’ fuori misura. Soprattutto, il lettore che vuole farsi ascoltare ma non ascolta mai gli altri.
Quello che ha letto quasi tutto e quel che non ha letto non l’ha letto perché non ne valeva la pena.
Soprattutto quest’ultimo è il punto sul quale fissare l’attenzione:
quel che non ha letto lui non vale la pena di essere letto.
Questo lettore porterà il suo atteggiamento nel cuore del gruppo di lettura e la sua presenza, con quelle attitudini, finirà con l’allontanare gli altri lettori.
Se ne rende conto ma è più forte di lui: dove trova un palcoscenico migliore?
Quale altro pubblico disponibile a sentire (almeno per qualche incontro, prima di fuggire) le sue lezioni che, non dimentichiamolo, non sono quasi mai nel merito, circostanziate.
La sua tesi di fondo, dalla quale discendono tutti i suoi argomenti, è che quel libro non andasse letto, perché c’era altro che meritava: libri che ovviamente lui ha letto molto tempo prima.
(Ovviamente è vero che ci sarebbe sempre un altro libro che si potrebbe leggere; vale per il gruppo di lettura come per il singolo lettore: il dilemma della scelta e il “costo” delle opportunità perse nel non scegliere un altro libro fa parte delle gioie/dolori di ogni lettore. Nel caso del lettore dall’ego smisurato è che accetta l’idea della condivisione della lettura solo per parlare di quanto gli altri lettori abbiano perso nel non leggere quello che lui ha già letto).
In effetti è una situazione quasi surreale: non sopporti i punti di vista differenti dai tuoi, anzi non ti interessa nessun punto di vista che non sia il tuo; eppure partecipi al gruppo, aspetti, il tuo turno e poi
caso n.1): svillaneggi, autore, editore e, appena indirettamente, ma con conseguenze devastanti, i lettori del gruppo che hanno apprezzato la lettura di quel libro;
caso n. 2) (assai più raramente) svillaneggia i lettori che non hanno apprezzato i pochi libri che ha proposto, uno di quei grandi libri che ha letto tempo prima e dal quale finalmente il gruppo aveva deciso di farsi illuminare.
In generale, un lettore di questo tipo – per quanto in alcune circostanze, nei primi incontri, possa risultare interessante e attraente – è il modello di lettore che aiuta a generare disprezzo nei confronti della categoria “lettori”.
La presenza di uno di questi lettori avrà il duplice, devastante, effetto di allontanare i lettori meno convinti del gruppo e di fare da barriera all’ingresso di nuovi lettori, che dopo uno o due incontri, abbandoneranno.
Per fortuna, qusta tipologia di lettore è, appunto, un “tipo-ideale”, un modello di studio/esempio che difficilmente trova una concretizzazione in un unico essere umano (a volte sì, invece). Più probabile che più lettori, in momenti diversi, presentino caratteristiche del lettore distruttivo. Il che però rende il “pericolo”, forse, più sottile e subdolo, più difficile da arginare ed eliminare.
Comunque: in bocca al lupo se avete uno di questi “lettori” tra i piedi.
Il primo post della serie:
:.. Gruppi di lettura: come crearne e uno e farlo vivere felice
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