Lo sforzo però non è stato inutile, anche se non mi è sembrato un romanzo riuscito.
Del resto, quando si accetta di leggere un libro scelto dal gruppo di lettura che si frequenta (nel mio caso quello di Cologno Monzese) è spesso necessario sforzarsi per superare la diffidenza davanti a letture che interferiscono con i progetti a breve che ogni lettore ha: insomma una qualche fatica bisogna farla per sopportare che arrivi sul comodino un libro che non avremmo scelto e che si piazza, nell’ordine di lettura, davanti a quanto avevamo deciso, in splendida solitudine, di leggere, qui e ora.
Sfilacciato
Il più grave ed evidente difetto di I terribili segreti di Maxwell Sim è la struttura narrativa che fatica a stare insieme, con pezzi di storia che si sfilacciano, sembrano giustapposti. Personaggi che si presentano con pretese di un ruolo importante e poi si rivelano quasi inutili allo sviluppo del protagonista narratore, Maxwell Sim, appunto.
Il finale, poi, rivela tutta la debolezza di questo romanzo: una doppia soluzione/rivelazione piuttosto impacciata, che da sola sembra restituire in modo inverosimile a Max l’ottimismo sulla vita; e un’incursione nei giochi metanarrativi che pare veramente forzata e non mi sembra riveli nessuna trovata geniale né aggiunga nulla alla conoscenza del personaggio e del mondo che gli sta attorno.
Ma allora perché dire che la lettura in fondo non è stata inutile?
Perché Coe ci fa avvicinare al cuore della solitudine infelice di Maxwell Sim. La condizione di chi guardandosi alle spalle trova fallimenti sentimentali, figli con i quali non si riesce a comunicare, incomprensioni che hanno sempre tenuto i genitori lontani anche quando si è vissuto sotto lo stesso tetto; di chi scopre la propria vita segnata da occasioni affettive mancate.
Coe ci mostra tutto questo: la “terribile privacy” (come recita il titolo originale, decisamente azzeccato rispetto al fuorviante “segreti” del titolo italiano) di Maxwell, che ce la racconta in prima persona, a volte sinceramente, altre volte con reticenza; salvo farsi aiutare da diari, memorie, narrazioni affidate ad altri personaggi che permettono al lettore, oltre che a Max, di illuminare passaggi chiave della sua vita.
Max/Coe è spesso brillante nella scrittura e ci sono episodi molto riusciti, alcuni dei quali anche capaci di farci ridere, anche quando rivelano la condizione disperata: in particolare alcuni dialoghi con personaggi che incontra nel suo viaggio verso le Shetland, dove dovrebbe arrivare per smerciare spazzolini da denti ecologici; ma anche prima, in particolare nelle scene in aereoporto e sull’aereo che lo riporta in Europa dall’Australia.
Altri momenti notevoli sono quelli che mostrano Max riempire con le attività più superficiali e ripetitive le sue giornate (per esempio le soste egli autogrill) o quelli che lo mettono alle prese con le comunicazioni sui forum e su Facebook che non fanno altro che accentuare (in modo un po’ goffo) la sua sensazione di solitudine.
E come se Coe, avvicinandosi troppo al cuore del suo tema, avesse perso di vista l’impianto generale: troppo labile e fragile.
I terribili segreti di Maxwell Sim però è un romanzo vivo, forte, che colpisce il cuore e il cervello: come ha detto uno dei componenti del gruppo di lettura, non è un libro che sollecita il sentimentalismo, è un libro che non coccola, un libro che “non è paraculo”.
Forse con più tempo a disposizione e un maggiore aiuto da parte degli editor, I terribili segreti di Maxwell Sim avrebbe potuto lasciare il segno, avrebbe potuto essere una narrazione esemplare della frammentazione della vita e e della solitudine contemporanea. Così invece sembra quasi un’occasione persa. In quel quasi però c’è il perché sia valsa comunqe la pena di leggerlo.
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