
Mi sono imbattuta in questo autore in una libreria in un aeroporto londinese qualche anno fa, cercavo un libro per ingannare l’attesa per una coincidenza persa. Ho preso il primo titolo della serie della Ladies Detective Agency n. 1, Precious Ramotswe, la prima detective donna del Botswana, piacevole, come i successivi. Poi mi sono buttata sulla serie del Club dei filosofi dilettanti, con la filosofa e investigatrice per caso Isabel Dalhouise, piacevoli anche loro.

A dire il vero mi ero ripromessa di leggerli in inglese, visto che sono molto comprensibili, però tutte le volte che un nuovo titolo viene pubblicato dalla Guanda, la copertina di Guido Scarabottolo mi fa cadere in tentazione. E così è stato anche questa volta, con l’uscita di *44 Scotland Street*, il primo di una terza serie.
Assomiglia un po’ alla serie dei filosofi dilettanti, anche questo è ambientato a Edimburgo _con descrizioni particolareggiate della città, utile per chi ha intenzione di andarci in vacanza_, anche qui il ritmo è lento, succede poco, ma ci sono tanti spunti di riflessione e di interesse, sulla scia dell’amore per il filosofeggiare che hanno parecchi personaggi del romanzo.
Tutto ruota attorno al condominio al 44 di Scotland Street. Pat, studentessa la suo secondo anno sabbatico, vi si trasferisce in un appartamento in condivisione con Bruce, il suo nuovo coinquilino, un vanitosissimo nonché bellissimo agente immobiliare; nell’appartamento di fianco vive Domenica McDonald, colta e simpatica sessantenne, mentre al piano inferiore la famiglia di Irene e Stuart col figlio Bertie, superdotato _legge, parla italiano e suona il sassofono, il tutto a 5 anni_ o forse solo superstimolato.
E poi incontriamo Matthew, proprietario della galleria d’arte dove lavora Pat; la barista lettrice e filosofa Big Lou; Todd e la sua famiglia, proprietario dell’agenzia immobiliare in cui lavora Bruce, esponente della piccola _anche di vedute_ borgesia edimburghese; il cane Cyril, amante della birra e delle “donne”, e il suo padrone, il pittore Angus Lordie, che dispensa versi poetici, come questo:
Dopo un attimo Angus Lordie guardò Pat. Lei noto che aveva gli occhi umidi, come se fosse sul punto di piangere.
“E’ il ricordo della cipolla che mi fa piangere”, disse tranquillo.
Tanta arte nel libro, tanti pittori scozzesi citati, a partire da Samuel Peploe, passando da James Patterson e Ted McCosh, fino ad arrivare a Jack Vettriano _vedi immagine di apertura dell’articolo_, protagonista suo malgrado di un inaspettato finale.
*giuliaduepuntozero
Rispondi