
Mi aspettavo di più dall’ultimo romanzo di Wu Ming, “Altai”, ed. Einaudi Stile Libero; lo aspettavo, dieci anni dopo lo straordinario “Q“.
Non ho ritrovato quella energia, quella visione, quella scrittura forte, secca, tagliente, che aveva caratterizzato Q. Un romanzo un po’ di maniera, in cui traspare, forse troppo, il mestiere dello scrivere.
E’ comunque un romanzo di ottima lettura, ben scritto, una vicenda interessante, tanti personaggi e motivi, anche di attualità.
Alcuni temi e vicende, in particolare, mi hanno colpito e interessato.
Il sogno di Jossef Nasi, l’ebreo favorito dal sultano, grande nemico di Venezia, di fare di Cipro uno stato libero, in cui dare rifugio agli Ebrei e a tutti i perseguitati della terra.
Il tema delle frontiere culturali, del rapporto tra le tre religioni monoteistiche del Mediterraneo, delle differenze e della necessità di convivenza fra le diverse comunità religiose.
I luoghi e le città: Venezia, Dobro Venedik, la Venezia buona come i turchi chiamavano Ragusa, Salonicco,
la città era splendida come una sposa, distesa su alture verdi chiazzate di colori sgargianti, rosso, giallo, indaco, sotto un cielo che il vento di nordovest rendeva terso e blu profondo.
Costantinopoli, umida e nebbiosa e i suoi quartieri, e poi Tiberiade, il luogo dove Gracia Nasi, madre di Jossef, ha scelto di andare a morire e ancora Mokha, città del caffè, crocevia conteso e condiviso (il tema della tolleranza) da arabi, turchi, abissini, portoghesi.
Il Divano, il Consiglio dei ministri ottomano, il Gran Visir Sokollu, un serbo convertito diventato il più potente dell’impero ottomano dopo il sultano Selim II, gli intrighi di corte, le donne dei potenti tramano nell’ombra.
L’assedio di Famagosta, l’orrore e l’assurdità della guerra, la crudeltà di Lala Mustafa, il generale turco, il supplizio e le torture inflitte a Bragadin, veneziano rettore di Cipro.
Ripeto, un libro che si può piacevolmente leggere, non il capolavoro che era stato Q.
Rispondi