
Avevo “scoperto” Hans Tuzzi anni fa con il suo primo romanzo “Il maestro dalla testa sfondata”, un giallo milanese, ambientato nel mondo dei collezionisti di libri antichi, edito da Sylvestre Bonnard, una piccola casa editrice specializzata in libri che parlano di libri. Una buona storia, anche se a volte troppo insistita nella trattazione dei libri antichi, ben scritta, un buon personaggio, il vice commissario Melis, malinconico, misurato, profondo.
Ho poi continuato a seguire Tuzzi nei suoi successivi romanzi, “Perché Yellow non correrà”, uscito nel 2003, e poi “Come il cielo sull’Annapurna” uscito nel 2004, e ancora i tre romanzi brevi di “Tre delitti un’estate” del 2005, tutti editi da Sylvestre Bonnard, protagonista sempre il vice commissario Melis.
Quest’anno, ad aprile, Tuzzi ha pubblicato, con Bollati Boringhieri, il suo ultimo romanzo “La morte segue i Magi” che avevo iniziato a leggere proprio nei giorni in cui Tuzzi partecipava a Como a Parolaio. Ottima occasione per incontrarlo: mi piace conoscere gli autori che leggo, vedere che aspetto hanno, cercare di capirne la personalità.
Tuzzi non ha deluso le mie aspettative: alto, elegante, completo beige, maglietta glicine all’ultima moda, occhiali tartaruga, bastone da passeggio, colto, raffinato, un po’ snob, forse; mi è sembrato una persona perfettamente in sintonia con il mondo e i personaggi dei suoi libri.
“La morte segue i Magi” è un bellissimo romanzo, da leggere con lentezza, da gustare e penetrare a fondo nei suoi vari temi.
La vicenda inizia con Melis che in trattoria afferra e si incuriosisce a frammenti di discorso fra un uomo e una donna, “persone che s’incrociano come navi nella notte, persone che non si rivedranno mai più”. L’uomo, Walter Cenzatti, il giorno dopo viene trovato assassinato nel parco Sempione; Melis si appassiona al caso di quel morto, il suo morto, quello che aveva visto, vivo, al tavolo di fianco al suo, e indaga, anche contro la volontà del questore che lo vorrebbe, questioni di prestigio, più impegnato nella cattura di un pericoloso uomo di mafia.
Melis, aiutato dalla sua squadra di collaboratori, scava nella vita di Cenzatti, indagando nel mondo dei collezionisti d’arte, delle case d’asta, e dei falsari che hanno avuto rapporti con lui; vengono poi assassinati, da un misterioso personaggio che percorre Milano con un bastone da passeggio dal pomo turchese, Leone Maggi, anch’egli un falsario, e il commendator Camisasca, un ricco e rozzo collezionista, fino alla fortunata individuazione del colpevole, Il caso è chiuso, le impronte digitali. Identiche! E’ lui! Lui, chi? Il professore che è stato qui ieri! Incredibile! E’ lui!. La caccia finale, il perché delle uccisioni, il ritorno a casa di Melis da Fiorenza.
La vicenda poliziesca è ben congegnata e avvince, ma quello che mi ha colpito e affascinato nel romanzo è la varietà e la ricchezza di personaggi, di ambienti e di temi straordinarie e la scrittura, colta, raffinata e intensa.
I personaggi, descritti con precisione ed ironia: il professor Haeberlin, ad esempio: sfoggiava una raffinata cravatta anni cinquanta, austera e di nodo sottile, un regimental dai colori autunnali svarianti in tutti i toni delle foglia morta, in piacevole contrasto con la camicia azzurra sotto il panciotto in daino e la giacca di bella lana inglese verde marcio…. o il professor Pisa Volpini, ciuffo scarruffato, sguardo perso lungo altri orizzonti.
Gli ambienti: Tuzzi passa e sposta di continuo la narrazione da descrizioni di ambienti “alti” – Haeberlin lo guidò in quello che sembrava un salottino da conversazione…..poltrone di moderno design, l’unico mobile d’epoca, una credenzina in noce, toscana, primo cinquecento…tocchi d’arancio, qua e là, a ravvivare un ambiente perfetto per una città nordica, più sognatrice e più periferica di Milano… che so? Qualche piovosa, triste città del Brabante, qualche pallido, rigoroso porto affacciato sul Baltico – a descrizioni di personaggi e ambienti popolari – Miranda Robles, detta Pelocrespo, ben nota agli agenti della Buoncostume, amante del Maggi e Cesarina Bagagera, vedova Chiappa, prostituta, la vita a dar via la bernarda per mett insema quater danèe.
Il rapporto fra Melis e Fiorenza, nato e sviluppatosi nei precedenti romanzi, che vive ora un momento come di sospensione: Si amavano ancora? O era ormai soltanto affetto? Perché sì, c’era qualcosa di stanco nel loro rapporto. A volte, quando per un ora passeggiavano, in quell’ora non si scambiavano nemmeno una parola, lei a pensare ai suoi libri, lui a pensare…..a che?. Eppure si sapevano l’un l’altra vicini.
Milano, cupa e barocca, spesso piovosa, raccontata da Tuzzi come città brutta e in crisi di identità, che ha perso i suoi appuntamenti con la storia: Non pioveva da mezzogiorno, il vento stava ramazzando le nubi verso sud eppure mai Milano le era sembrata così livida e barocca; un barocco triste però, cupo, plumbeo…… Persino il Duomo, iceberg fasciato da eterne impalcature, sembrava ormai estraneo all’anima della città…., ma anche ricca di fascino, nei suoi angoli nascosti, le strade, i bar, i giardini, i luoghi minori: Melis aveva voglia di star solo, girare per quelle vecchie strade che sembravano aver conosciuto soltanto il barocco e la malavita: Meriggi, la vecchia osteria che aveva resistito impavida al mutar delle mode… i grandi tavoli di legno scuro con le tovaglie di carta gialla da macellaio, le luci basse, le stoviglie di terraglia bianca e spessa, il vino servito anche sfuso.
Momenti di poesia e di nostalgia: Fiorenza e la sua Trieste, Trieste, Natale… la bora che squassa i rami degli alberi… nevischio sul mare livido… e, dentro la casa, la luce, la pace serena. La giovane assistente Nadia Squarcialupi (Melis non era rimasto insensibile al suo fascino): Lei era stata puntualissima, un foulard rosso a dare allegria al giorno.
Un autore e un romanzo che consiglio; “La morte segue i Magi” mi ha fatto venire il desiderio di tornare a leggere i libri precedenti per recuperare personaggi, temi e atmosfere che ho qui ritrovato.
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