Patrick Desbois “Fucilateli tutti ! La prima fase della Shoah raccontata dai testimoni”, Marsilio, pp 290, 2007/2009
Padre Patrick Debois è un sacerdote cattolico che presiede l’associazione, nata nel 2004, Yahad-in unum, L’uno e l’altro insieme: con il nome, parte in ebraico e parte in latino, si vuole sottolineare la volontà di cooperazione tra cattolici ed ebrei.
Oggi, grazie a questo sacerdote francese, esiste un archivio con filmati, foto, testimonianze che mostrano l‘altra faccia della Shoah: tutti conoscono la storia degli ebrei sterminati nei lager, pochi invece la storia dei tanti ebrei uccisi prima in Urss.
Desbois, “stimolato da poche parole e da molto silenzio del nonno”, deportato nel campo di concentramento di Rava Rus’Ka in Ucraina, ha cercato di ricostruire la storia del nonno e soprattutto la tragica storia degli ebrei dell’est assassinati dai nazisti.
L’altra faccia della Shohah inizia nel 1941 con gli Einsatzgruppen, gruppi operativi delle SS con il compito di uccidere sul posto la popolazione ebraica. Il trasferimento degli ebrei, invece, da tutta l’Europa nei lager è un’operazione successiva con una organizzazione più complessa. I tedeschi effettuano uccisioni di massa nei luoghi dove arrivano, cioè in Russia, Ucraina, Estonia, Lituania, Lettonia, Bielorussia, ma anche in Romania e Polonia.
Dall’estate del 1941 entrano in azione quattro gruppi operativi: per ogni gruppo non meno di 1000 morti al mese, per ogni uomo l’incarico di uccidere da 20 a 40 vittime. Scelto il luogo per l’esecuzione si scava una fossa, dove si portano le vittime, cominciando dagli uomini, per avere meno resistenza, ma lo sterminio comprende anche molte donne e bambini.
Padre Desbois da sei anni conduce un lavoro metodico di ricerca, per individuare i luoghi dello sterminio di migliaia di innocenti ebrei dell’Ucraina, assassinati all’aperto mediante fucilazione. Ha fatto indagini negli archivi tedeschi e sovietici, ha raccolto sul campo testimonianze di osservatori o collaboratori coatti dei nazisti e prove materiali dello sterminio ( pallottole, resti di scheletri ecc. ).
Con alcuni esperti e pochi mezzi è passato di villaggio in villaggio, per raccogliere testimonianze perlopiù di settantenni, che allora erano bambini o adolescenti: sono testimonianze dopo 60 anni di silenzio, vergogna, paura. 500 sono i luoghi di esecuzione identificati e il saggio di Desbois contiene cartine significative sulla popolazione ebraica nel 1941 prima e dopo lo sterminio e 25 pagine di foto di persone che hanno testimoniato e le cui testimonianze dettagliate sono presenti nel libro.
Facce rugose scavate dal sole, dal lavoro nei campi di gente che è rimasta povera e che racconta fuori dai tribunali ciò che ha visto e che a volte è stata costretta a fare, per non essere uccisa.
Il libro di Desbois non ha il fascino coinvolgente di Vasilij Grossman, che da eccellente narratore sa trasmettere con potente lirismo tutti i sentimenti dai più nobili ai più abietti: la sua è una scrittura più secca, diretta, ma non meno efficace: con pietas e rigore attraverso testimonianze ci fa entrare fino in fondo dentro la brutalità di quegli eventi e di quei carnefici, in cui si era spenta ogni forma di umanità. Nei racconti colpisce il modo in cui gli ebrei venivano eliminati”: non camere a gas, non automatismi o meccanismi, ma un rapporto diretto in cui un uomo assassina un altro uomo.
Ogni villaggio è un luogo d’assassinio differente, ciascun caso è un caso particolare, l’attuazione delle disposizioni è lasciata alla libera interpretazione dei comandanti delle unità. La nota più sconvolgente e ripetuta infinite volte dai testimoni è “ la fossa ha impiegato giorni a morire… il pozzo si è lamentato per tre giorni… a volte due, a volte quattro: i fucilati spesso non erano morti, ma feriti anche leggermente e morivano lentamente” soffocati sotto 2 o 3 metri di terra spalata sulle loro teste “ la fossa continuava a muoversi”.
Una donna di 91 anni, piangendo, ricorda più di 8000 persone uccise davanti alla sua finestra e uno dei suoi figli, tornato a casa con la schiena insanguinata, perché si era rifiutato di estirpare i denti d’oro delle vittime.
Racconti di chi era bambino di 6,7,8,9 anni, che curioso aveva seguito gli ebrei quasi fino alla fossa, nascosto nell’erba o su un albero e aveva visto scavare le fosse e i compagni di classe spogliarsi nudi prima di essere fucilati.
A Trenivka: la fossa…i tedeschi sul bordo, gli ebrei dentro la fossa, 20 per volta e “ stendersi sui morti del turno precedente prima di essere ammazzati a loro volta” E una donna Petrivka che ricorda come lei e altre donne camminavano su quei corpi per pigiarli
trenta giovani donne ucraine con i piedi nudi a pigiare i corpi degli ebrei, spalarci sopra uno strato di terra, così gli altri si potevano stendere sopra, pigiarli come si fa nel Beajolais nei giorni della vendemmia” come commenta Desbois.
Spesso si uccideva a gruppi di 25, mentre altri tedeschi mangiavano, bevevano e poi cambiavano turno.
niente campi di sterminio in Ucraina, né filo spinato tra condannati e assassini. Qui i primi agonizzavano, mentre gli altri comandavano un bis di carne alle serve attorno ad una grande tavola imbandita”
Quante donne, giovani e belle, salvate per essere usate come oggetti sessuali e spesso uccise dopo, incinte! E i bambini uccisi in braccio alle loro madri” diversi corpi femminili sono stati trovati nell’atto di proteggere i loro neonati dalle palate di sabbia”. Spesso i tedeschi non fucilavano i bambini con meno di tre anni, ma li gettavano vivi nella fossa, dove venivano ricoperti dai corpi di quelli che venivano fucilati dopo.
non meno di 10000 uccisi in tre giorni – racconta un pastore- e poi l’odore dei corpi bruciati”. Nel 1942 ordine di Himmler di disseppellire tutte le vittime del Reich all’est e incenerirle con enormi bracieri capaci di contenere 2000 corpi ciascuno.
Operazione 1005: ”non hanno diritto a niente,nemmeno al nostro suolo…uomini che hanno ammazzato altri uomini, ritenendosi superiori, a cui spettava il compito di eliminare i sottouomini”. Si sono potute fucilare persone nella piazza di un mercato, ai bordi di una falesia a Yalta, murarle vive come a Satanin o ancora soffocarle con dei piumini”.
Un’ultima immagine: Dora una bambina di 4 anni e mezzo fucilata nuda nel freddo polare di un inverno in Crimea e il vestito tolto alla piccola Dora e da conservare in un museo, è -dice Desbois- uno degli oggetti più strazianti di questa altra Shoah.
Mi sembrava utile integrare l’articolo di Timothy Snyder, proposto da Luiginter, con questo ulteriore approfondimento: un invito a prendere consapevolezza di quali atrocità è capace, troppo spesso in ogni tempo e luogo, l’uomo nella sua disumanità.
P. Desbois era presente al Festivaletteratura di Mantova 2009.
Patrick Desbois “Fucilateli tutti ! La prima fase della Shoah raccontata dai testimoni”, Marsilio, pp 290, 2007/2009
Rispondi