Bruno Morchio, originally uploaded by halighalie.
Beh, il titolo di questo post forse è un po’ fuorviante, perché _purtroppo_ l’intervista non l’ho fatta io, ma semplicemente ho partecipato a una conferenza sabato 16 maggio alla Libreria Cattaneo di Lecco. Chi lo sa però che un domani non ci sia l’occasione di fare una vera intervista, io me lo auguro…
Comunque, sabato come detto ho assistito alla presentazione del nuovo libro del giallista genovese Bruno Morchio, di cui ho già parlato in questo blog a proposito dei primi libri che ha scritto, pubblicati dalla casa editrice ligure Fratelli Frilli. Sabato presentava invece il suo sesto libro, il terzo pubblicato con la casa editrice Garzanti, intitolato *Rossoamaro*.
Non voglio qui parlare del libro, anche perché non l’ho ancora letto (i miei genitori hanno il diritto di prelazione), per una recensione ci vorrà qualche tempo prima che lo legga.
Invece due righe sull’interessante incontro, animato anche dalla partecipazione fra il pubblico dello scrittore/pittore/disegnatore lecchese Alfredo Chiappori che è spesso intervenuto nella discussione.
Tralascio quindi domande e risposte su *Rossoamaro* e su Bacci Pagano, e accenno solo a due temi interessanti che sono stati affrontati.
Il primo è stato sollevato proprio da Chiappori, con la domanda: “Quando una storia diventa un romanzo?” Morchio ha risposto “Quando riesce a costruire un mondo di finzione che però stia in piedi”, concetto ribadito da Chiappori che ha aggiunto che lo scrittore è facilitato se la storia è bella, ma deve comunque farla vivere da sè; quello che deve funzionare è la forma del romanzo, non la storia; un libro funziona quando il lettore è talmente catturato che non può fare a meno di arrivare alla fine del libro. Morchio ha poi aggiunto: uno scrittore non deve chiedere a un amico se il suo libro gli è piaciuto; chiunque, a meno che non sia un vero amico, gli dirà di sì; bisogna invece domandargli: In quanto tempo hai letto il mio libro???
Secondo spunto, Genova, che ovviamente non poteva mancare, in quanto vera protagonista dei romanzi di Bacci Pagano. Mi è piaciuto come Morchio ha parlato della città, era molto sentito. L’ha definita una città di luci e ombre, in senso metaforico e in senso reale (passi dalla luce accecante delle piazze al buio umido dei carruggi), una città “perfetta per ambientare gialli e noir”; una città dove coabitano classi e nazionalità diverse, che per qualche “miracolo alchemico” riescono a convivere insieme. Caratteristica che la rende molto simile alle grandi città del mondo, pur essendo, in fondo, una città periferica.
Mi fermo qui. A presto, dopo la lettura di *Rossoamaro*
*giuliaduepuntozero
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