L’ironia è una figura alla quale penso molto spesso. E da tempo ho collocato l’ironia al primo posto fra le attitudini necessarie per vivere bene.
Grazie anche ai romanzi e ai racconti e ai film.
Cominciamo con l’aiuto di Milan Kundera. Ne I testamenti traditi (in verità lo fa anche in altre pagine di altri suoi libri) ci ricorda che il rapporto del romanziere con i suoi personaggi è ironico. Le affermazioni dei personaggi “vengono collocate in uno spazio di gesti, di azioni e di parole che le relativizzano”. E sottolinea:
L’ironia implica: nessuna delle affermazioni contenute in un romanzo può essere presa isolatamente, poiché ciascuna è inserita in una serie di confronti complessi e contraddittori con altre affermazioni, altre situazioni, altri gesti, altre idee, altri eventi. Solo una lettura lenta, ripetuta due o più volte, metterà in luce all’interno del romanzo tutti i rapporti ironici senza i quali il romanzo non verrà capito.
Ecco: anche noi dovremmo fare con noi stessi e con la vita quel che il romanziere fa con i personaggi. Insomma non facciamo come i personaggi, che spesso faticano a sentirsi relativi e si “assolutizzano”. Facciamo con noi stessi quello che il romanziere fa con i suoi personaggi, relativizziamoci… O no?
Leggiamo lentamente e ripetutamente la nostra vita e mettiamo in luce, in essa, tutti i rapporti ironici, senza i quali non riusciremmo a capirla.
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