Patrick McGrath ha confessato di nascondere le sue ossessioni più profonde nei libri. Amos Oz ha dichiarato che per lui scrivere è una pulsione, non riesce a farne a meno. Magda Zsabò, scomparsa due giorni fa, alla domanda sulle ragioni per cui ha iniziato a scrivere, ha risposto:
“Perché gli uccelli cantano?”
Flaubert era talmente ossessionato da madame Bovary da non saper resistere all’impulso di aprire la finestra e urlare alla notte le frasi scritte durante il giorno.
Di Balzac sappiamo che viveva una vita parallela insieme ai protagonisti della Comédie Humaine:
“Alle otto di sera andava a letto, stanco, dormiva quattro ore e si faceva svegliare a mezzanotte. Quando Parigi rumorosa chiudeva il suo occhio ardente, quando le tenebre coprivano il fragore delle vie e il mondo svaniva, allora il suo mondo sorgeva ed egli lo costruiva accanto all’altro, con gli stessi elementi spezzettati di quello e viveva per ore e ore in un’estasi febbrile, sferzando col caffè i sensi stanchi. Così lavorava dieci, dodici, talvolta diciotto ore, finché non veniva qualcosa dal mondo esteriore a scuoterlo, riconducendolo alla realtà. (…) Il suo lavoro non era più applicazione, ma febbre, ebbrezza, sogno d’estasi. Era un palliativo magico, un sonnifero per fargli dimenticare la fame di vita”.
Kafka scrive nei Diari:
“Gli sembrava di essere un sasso, incapace di pensare, di osservare, di ricordare, di parlare, di fare esperienze insieme agli altri: o una pertica infilata obliquamente nel terreno, in un campo profondamente sconvolto, in una buia notte invernale; o uno spettro, che svolazzava intorno al proprio tavolo da lavoro. Vacillava, volando senza posa verso la cima di un monte; scriveva nel deserto, nel provvisorio, senza terra, senza radici, sospeso come l’impiegato della ferrovia di Kalda, nella sua baracca di legno assediata dai topi”.
Oscar Wilde scrive nel De Profundis:
“Alla fine non sapevi tu stesso verso quale traguardo ti affrettassi, o quale scopo avessi in vista. Ti eri impossessato del mio genio, della mia forza di volontà, del mio patrimonio ed esigevi, nella cecità della tua insaziabile ingordigia, la mia intera esistenza. (…) Ma il mio errore non fu tanto di non averti lasciato, quanto di averti lasciato troppe volte”.
Le ossessioni sono varie e diverse per ogni scrittore, può essere l’amore, o l’ansia per il futuro, o la paura o il dolore o…
C’è sempre una molla che scatta dietro la scrittura di un libro. Ma spesso, lo stesso meccanismo scatta per il lettore: in forme diverse e magari anche più ossessive. Per i lettori, la scelta (o al contrario, la selezione) aumenta. Chi si concentra sul genere, chi sugli autori, chi addirittura su un secolo o chi (forse i più fortunati?) è onnivoro e legge di tutto.
Per me con gli anni le ossessioni si sono affinate, si sono trasformate in idiosincrasie, sono diventate più precise. Sì, perché non solo si scrive, ma si legge anche per qualcuno o per qualcosa. E voi per chi o per cosa leggete?
Ovviamente potete anche rispondere quello che ha detto Forrest Gump dopo aver fatto il giro degli Stati Uniti di corsa:
“Ho iniziato a correre perché me ne è venuta voglia”.
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