Lo aspettavo con ansia, da quando leggendo un articolo su Peter Cameron su una rivista avevo saputo che stava scrivendo un nuovo romanzo, e finalmente *Un giorno questo dolore ti sarà utile* è uscito.
Il primo libro, *Quella sera dorata*, l’ho letto per caso, quando il mio ragazzo me l’ha regalato non ne parlava nessuno e Peter Cameron era uno sconosciuto.
Questo secondo romanzo parte bene, poi mi ha un po’ deluso sulla lunga distanza (lunga si fa per dire, in totale sono 206 pagine). Ma comunque merita. Inizia con una citazione di Ovidio, da cui è tratto il titolo: Perfer et obdura! Dolor hic tibi proderit olim. La quarta di copertina è un po’ fuorviante, così come la copertina (pessima la scelta dell’immagine, a mio parere).
Provo a riassumere un po’ la trama, anche se non è così fondamentale. Narra l’estate di James, un ragazzino diciottenne un po’ *disadattato*, come viene definito (e come si autoconvince di essere), prima dell’università, dove James non vuole andare. Meglio lavorare nella galleria d’arte della madre, che presenta opere moderne di un artista giapponese senza nome (bidoni della spazzatura ricoperti dalle pagine della Bibbia…), passando il tempo con John, l’aiutante omosessuale della madre. O cercare di acquistare una casa d’altri tempi nel Midwest e trasferirsi lì, chiuso nella veranda a leggere Trollope. O raggiungere la nonna, Nanette, l’unica che lo capisce. O ancora litigare e polemizzare con la dottoressa Adler, la sua psichiatra.
Questo quanto. Il di più, però, è dato dal tocco di Cameron, che con la sua ironia e il suo sguardo pungente tocca un po’ tutti noi, con i tic, le manie e le paure della nostra società.
Chiudo con una citazione dal libro (scritto in prima persona, narrato da James):
Ho solo diciotto anni. Come faccio a sapere cosa vorrò nella vita? Come faccio a sapere cosa mi servità?
*giuliaduepuntozero
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