Paul Ginsborg, La democrazia che non c’è (Einaudi) potrebbe essere uno dei libri candidati alla lettura del gruppo di lettura sull’etica, la partecipazione, la democrazia, l’identità ecc., insomma il gruppo che ha appena letto Amartya Sen, Identità e violenza (Laterza), e che sta leggendo in questi giorni, Roberto Saviano, Gomorra (Mondadori).
Del libretto di Ginsborg scriveva martedì, tra l’altro, Gustavo Zagrebelsky su Repubblica, in un bell’articolo sulla democrazia, la libertà, la responsabilità, la rappresentanza politica, e la selezione delle istanze della società che le classi politiche scelgono di rappresentare.
Questa la scheda Einaudi del libro:
La democrazia è un sistema politico mutevole e insieme vulnerabile. Per rivitalizzarla oggi è indispensabile connettere rappresentanza e partecipazione, economia e politica, famiglia e istituzioni.
Come si fa a proteggere il dono politico piú prezioso dei nostri tempi, quello della democrazia? Certamente non con la sua esportazione forzata, né con la difesa miope di un modello rappresentativo già antiquato, né con l’assegnazione del potere politico a una sfera separata, dominata dai politici e dai partiti. No, per proteggere la democrazia bisogna rianimarla e ripopolarla. Bisogna creare una democrazia all’altezza del momento storico – una democrazia partecipata, di genere, economica e non solo politica, che esce dal «palazzo» ed entra nella cultura della gente.
Partendo da un confronto tra Karl Marx e John Stuart Mill, due voci che percorrono l’intero saggio, Ginsborg ci spinge a immaginare una democrazia diversa, piú quotidiana e incisiva.
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