Due parole su Jean-Claude Izzo, Marinai perduti, e/o
Belle parole, innanzitutto. Perché il libro è molto bello. Soprattutto, mi sono piaciuti molto i personaggi. Piaciuti artisticamente intendo. Personaggi che sono enigmi, come gli uomini e le donne vere: complessi, contraddittori.
Indefinibili, perché in movimento: mutano, ritornano sui loro passi, provano a correggersi, farsi perdonare, perdonano; ad amare ancora, di nuovo: a sperare di essere di nuovo amati. Ricordano il loro passato lo interpretano, non sempre allo stesso modo.
In particolare, lasciano il segno Abdul, il capitano; e Diamantis, il secondo della nave. Soli, o quasi, sull’Aldébaran, cargo abbandonato dall’armatore nel porto di Marsiglia.
Fermi a ricordare le ferite del passato; alcune ferite non solo morali; vere ferite, sulla carne. La loro attesa è una falsa attesa: sanno che la loro nave non riprenderà il mare; l’attesa però li spinge a considerare un’altra volta la loro vita e il tempo che hanno davanti: l’amore che hanno dato e quello avrebbero dovuto dare soprattutto. E quella spinta ad andare in mare, lasciando gli altri a terra. Ad aspettare.
Molte pagine sono disperate; o forse sembrano disperate. Le ultime però – nonostante la grande intesità drammatica degli eventi, il loro precipitare irreversibile – sono pagine, in fondo, di speranza. Soprattutto grazie alle donne della storia. L’amore della sua vita che arriva dall’Africa a sorreggere Abdul; una tenera donna francese che accoglie Diamantis e il suo dolore e lo trasforma in un dolore che può essere riportato alla vita; una giovane donna che inconsapevolmente è una traccia vivente che potrebbe riscattare il passato.
La scrittura di Izzo in questo libro (non ne ho letti altri) mi ha lasciato però qualche dubbio in alcuni momenti: quando il narratore spiega i sentimenti e i pensieri dei personaggi: a volte lo fa troppo esplicitamente, formulando in modo preciso e quasi privo di dubbi, sensazioni, idee e considerazioni. I personaggi sono molto forti enigmatici, un intervento onniscente meno marcato non avrebbe ridotto la loro forza e ne avrebbe forse preservato maggiormente il mistero e la complessità.
Ringrazio giuliaduepuntozero per il consiglio
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