Regista comunista, se ne è andato a 92 anni.
Collage:
Così Alberto Crespi su Repubblica di oggi 22 marzo 2023:
«Con la scomparsa di Francesco Maselli — per tutti, nel mondo del cinema italiano, “Citto”, soprannome datogli da un padrino illustre: Luigi Pirandello — si chiude idealmente un’epoca: quella di un cinema che sapeva coniugare l’impegno politico con la ricerca artistica, il ruolo dell’intellettuale con la curiosità per la vita quotidiana, la serietà rigorosa con uno straordinario senso dell’umorismo. Citto era tutte queste cose insieme. Chi altri, come lui, avrebbe potuto prestarsi a interpretare se stesso in La terrazza, dell’amico e compagno Ettore Scola? Vittorio Gassman — nel ruolo del dirigente del Pci impegnato in una relazione adulterina — lo vede arrivare da lontano e dice alla signora che è con lui di far finta di nulla: “È Maselli, compagno valoroso, ma…”: come dire, non facciamoci beccare.» […]
«Ma vorremmo chiudere con una (quasi) provocazione. Anni fa, presentando una mostra di proprie Polaroid, Maselli disse che avrebbe voluto essere “dimenticato come regista e ricordato come fotografo”. Oggi, è giusto dire che un regista percepito sempre come “politico” è stato in realtà un grande formalista: e prendete la parola come un complimento! Maselli era affascinato dalla tecnologia legata al cinema e aveva una cura dell’immagine e della forma degna di un pittore. È stato un vero artista: del resto non si è allievi di Antonioni e Visconti invano!»
Vi serve aiuto per creare un gruppo di lettura
o dare slancio a uno esistente?
Scrivetemi:
gruppodilettura@gmail.com
§§§
Paolo Mereghetti, Il Corriere della Sera, 22 marzo 2023:
«Tenuto a battesimo dallo zio Luigi Pirandello, figlio di un critico d’arte che apriva la casa al mondo intellettuale e progressista romano (Bontempelli, Savinio, Alvaro, Cecchi), Citto – da Francesco – Maselli dimostra una precocità sorprendente in tutto: a sette anni sa l’Amleto a memoria; a tredici, durante l’occupazione tedesca, porta armi e cibo ai partigiani dei Gap, impegnandosi nell’Unione Studenti Italiani e riuscendo così, a soli quattordici anni, a entrare nel Pci. Dopo aver realizzato due cortometraggi dai toni surreali, è accettato a diciassette anni al Centro Sperimentale di Cinematografia: nel 1949 il documentario “Bagnaia paese italiano” è premiato a Venezia, l’anno successivo collabora con Antonioni alla sceneggiatura di “Cronaca di un amore” e nel ’52 a quella di “La signora senza camelie”. L’esordio nella regia è del 1953, con “Storia di Caterina”, episodio di “L’amore in città”, e nel 1955, a venticinque anni, firma il suo primo lungometraggio, “Gli sbandati” , che ottiene una menzione speciale al Festival di Venezia.
Costruendo il film sul tema delle responsabilità individuale di fronte alla Resistenza, Maselli inizia qui ad affrontare il tema della coscienza di classe e della crisi morale della borghesia che sarà al centro anche dei successivi “I delfini» (1960), dove le ambizioni velleitarie di un gruppo di giovani finiranno per cedere alle lusinghe e ai compromessi dei padri, e “Gli indifferenti” (1964) dove il romanzo di Moravia gli serve per sottolineare gli eterni vizi di una classe che sembra incapace di fare i conti con la Storia (il film è ambientato negli anni Venti, dopo che primi due lo erano rispettivamente negli anni Quaranta e Cinquanta).»
§§§
Luciana Castellina sul Manifesto del 22 marzo 2023:
«COME potete capire con Citto poi non ci siamo più persi, sebbene lui sia diventato un intellettuale importante e io, per anni, una militante da “borgata” della federazione romana: ci autodefinivamo con orgoglio “la fanteria”, e con qualche diffidenza chiamavamo giornalisti e intellettuali del nostro stesso partito “la Marina”, notoriamente l’aristocrazia militare.
Ma Citto fece sempre eccezione. Basterebbe pensare a come partecipò al ’68. Guidando la rivolta contro il Festival di Venezia. Quando il Pci fu sciolto, nel 1991, passò a Rifondazione e lì ci ritrovammo.
C’è un bel documentario che girò Citto parecchi anni fa in cui compariamo io e lui a sedere davanti al portone del Tasso, guardando le scritte se non ricordo male della Pantera, riepilogando le tappe felici e difficili di tutta la nostra comune vita di militanti. Ho raccontato molte volte la storia di questo mio reclutamento, e mi scuso con chi l’ha già sentita. Ma la ricordo qui perché è il mio modo di ringraziare ancora una volta Citto, che mi ha dato l’occasione di poter dare senso alla mia vita. Grazie Citto.»
§§§
Silvana Silvestri sul Manifesto del 22 marzo 2023:
«LA SUA SFERZANTE opinione sulla nuova generazione di militanti di sinistra prigionieri dei salotti è espressa in Lettera aperta a un giornale della sera (1970) e torna al tema della lotta antifascista nel film dal ridondante titolo Il sospetto di Francesco Maselli (per non confonderlo con Il Sospetto di Hitchcock) con Gian Maria Volonté operaio esule in Francia nel ’34 rimpatriato in Italia con un incarico del partito comunista.»
§§§
Teresa Marchesi su Domani del 22 marzo 2023:
«Cinema d’autore, diceva Maselli, è sinonimo di cinema europeo. È la sua patente di diversità dal cinema americano, nato industriale per il commercio. E precisava che il primo film dei Lumière mostrava l’uscita di un gruppo di operaie dalla fabbrica: i temi sociali sono connaturati alla nascita del cinema. Ho ritrovato un’intervista del 2021 a Gabriella Gallozzi, per BookCiak Magazine, in cui Maselli ammette serenamente anche certe limitazioni del proprio lavoro: “Le corde della commedia non le ho mai avute. E l’ho capito molto bene con i miei due unici tentativi, Fai in fretta ad uccidermi…ho freddo! e Ruba al prossimo tuo. Quando Flaiano ha visto il primo si è messo a letto malato!”».
[…]
«È significativo che quando, proprio due anni fa, la Mostra di Venezia ha reso omaggio alla cinematografia firmata Maselli l’opera scelta dalla Biennale per la proiezione ufficiale non sia stato un film esplicitamente politico ma quel Jules et Jim proletario dal titolo Storia d’amore, un triangolo del sottoproletariato urbano che nel 1986 fece vincere a una diciassettenne Valeria Golino la Coppa Volpi per la migliore attrice. Da rompiscatole (inteso come il più grande dei complimenti) Citto ha dato del resto un notevole contributo a svecchiare la Biennale Cinema, non solo nel fatidico ‘68, anche per tutti gli anni a venire, battendosi per l’indipendenza degli autori, alla testa dell’Anac, e tenendo a battesimo la sezione nuova di zecca delle Giornate degli Autori.»
La foto di Citto Maselli è di Giacomo Alessandroni – Opera propria, CC BY-SA 4.0 – Wikipedia
Rispondi