Gruppo di lettura: se parlando di un libro si parla troppo di altri libri

Quali sono i limiti accettabili di “collegamento ad altro” nel parlare con qualcuno di un romanzo?

Poor mother and children during the Great Depression. Elm Grove, Oklahoma County, Oklahoma, USA. Foto di Dorothea Lange (Public Domain, Wikimedia Commons)
Poor mother and children during the Great Depression. Elm Grove, Oklahoma County, Oklahoma, USA. Foto di Dorothea Lange (Public Domain, Wikimedia Commons)

Non stiamo parlando delle questioni messe in chiaro da Umberto Eco con “Opera aperta” e con i “I limiti dell’interpretazione”.
Più semplicemente mi riferisco alla naturale tentazione di collegare quel che stiamo leggendo ad altri libri, a film, documentari, articoli di giornale, fatti narrati dagli storici, teorie filosofiche ecc. È quel che in altre parti del blog ho cercato di definire parlando della “mappa del lettore”. Attività bellissime, decisive nel rendere così desiderabile la lettura. Tuttavia, in alcune circostanze la connessione può esagerare.

Il punto è: se mentre discutiamo con altri di una lettura comune ci allontaniamo dal libro per occuparci delle connessioni (benedette!) che ci ha suggerito, non rischiamo di “tradire” l’intento di condividere la lettura?
Ciascun lettore finirebbe per parlare più della mappa che ha disegnato a partire da quel libro, che del libro stesso.

Il rischio è perdere “l’argomento comune” della condivisione, di parlare tutti di cose diverse, di non intendersi, di fare monologhi, di ostacolare la creazione dello “spazio pubblico temporaneo” che il gruppo di lettura avrebbe voluto creare.

Per esempio, se discorrendo della lettura comune in un gruppo di lettura di “Furore” di John Steinbeck, la discussione finisce per essere dedicata più alla attualità del tema delle persone spossessate che migrano verso terre dove sono estranee, lasciando la scrittura e il punto di vista della rappresentazione di Steinbeck dell’epopea della famiglia Joad in secondo piano, non rischio di sottrarre alla discussione del gruppo il vero tema che l’ha provocata?

E questo non comporta un indebolimento del senso stesso dell’esistenza di un gruppo di lettura, che si forma attorno a un’opera specifica, alla condivisione di quella lettura?

Ps. Qualche giorno fa il Gdl “Grandi libri” di Cologno Monzese ha discusso proprio di “Furore”, di John Steinbeck. Ebbene, ho citato come esempio proprio “Furore” perché mi veniva più facile. Ma non intendevo dire in alcun modo che la discussione in questo Gdl sia stata del tipo che ho cercato di descrivere sopra. Insomma, nessuna fuga dal libro, nessuna prevalenza di altri argomenti: la nostra discussione era perfettamente centrata.

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3 risposte a “Gruppo di lettura: se parlando di un libro si parla troppo di altri libri”

  1. Io non faccio distinzione tra primi e secondi piani. Nei miei gruppi restiamo nel pianterreno, e benvenga il grande Steinbeck se i lettori lo usano per sfogare preoccupazioni odierne.

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  2. Avatar Acompassforbooks
    Acompassforbooks

    Probabilmente dipende da come la si vede. Comunque non credo che la ricerca di connessioni altre rispetto alle tematiche affrontate dell’opera letta indebolisca l’esperienza del gruppo del lettura e vada considerata una dispersione o mancanza di rilevanza a patto che sia seguita da un ritorno di quelle connessioni al testo di partenza.

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  3. @Tutti @Luigi Gavazzi

    Senza “le connessioni”, a mio parere, il gruppo si troverebbe ad affrontare il libro esclusivamente sotto il profilo testuale e letterario. Quanto all’attualizzazione del libro (chiaro l’esempio di “Furore”), io penso che la lettura potrebbe dirsi addirittura fallita se non innescasse queste domande: quello che ho letto ha a che fare con la mia realtà? Ciò che racconta l’autore dei tempi passati può ripetersi oggi, nella società in cui vivo io, adesso?

    Non fosse che anch’io mi sono talvolta trovata davanti all’obiezione di sconfinamento durante la discussione, risponderei, d’istinto, che il problema non si pone: in lettura il debordamento – che non è il fuori tema – è il bello della questione. Salvo i casi di palese off topic, e imposto il rispetto dei tempi di intervento (tutti devono poter intervenire anche quando i tempi sono limitati da motivi logistici), raccontare agli altri partecipanti come abbiamo sviluppato la nostra mappa arricchisce il gruppo e irrobustisce i legami tra i lettori. In pratica, io rimango della mia: massima libertà al lettore partecipante di esprimersi secondo la sua sensibilità e in base alle sue modalità di lettura (innegabile, che gli interventi durante la discussione riflettano anche questo aspetto).

    Però ha ragione pure Acompassforbooks: la risposta dipende da come la si vede … e da quanto disponibili siamo, aggiungo io, ad accettare la diversità.

    Ciao Luigi, e grazie,
    Mariangela

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