I libri più belli del 2014 secondo gli scrittori del Guardian

Comincia la girandola delle liste dei libri più belli.
Sono particolarmente affezionato a quella compilata dal Guardian in base ai consigli di alcuni importanti scrittori (quasi tutti di lingua inglese).
È un lungo “consiglio di lettura” nel quale spesso si trovano preziose indicazioni che in Italia passano un po’ sotto silenzio,

Ecco una mia  prima selezione:

Pankaj Mishra:
Ranjit Hoskote, Ilija Trojanow, Confluences: Forgotten Histories from East and West (Yoda), una straordinaria storia della cultura e della società nella quale emerge come le “confluenze” siano la garanzia di vitalità delle culture: nessuna è mai stata pura, nessuna tradizione autosufficiente, ness’una identità monolitica. Un antidoto alla stupidità del nazionalismo tribale. (in realtà questo libro credo sia uscito nel 2012. Ma va bene comunque).

Joe Sacco, Bumf. La nuova graphic novel del grande Sacco prende a sberle la politica estera dell’intero occidente dell’ultimo secolo riducendola a una serie di stupidi e catastrofici giochi di guerra.

Julian Barnes:
Mariusz Szczygiel, Gottland (Melville House), una “storia informale” della Cecoslovacchia del 20° secolo, scritta da un giornalista polacco, la cui prosa viene definita da Barnes una sorta di Bohumil Hrabal in versione non fiction. Per capire, le prime 40 pagine si occupano della fabbrica di scarpe Bata.

Elizabeth Taylor, You’ll Enjoy It When You Get There (NYRB) Short stories selezionate da Margaret Drabble.

John Banville
Colm Tóibín, Nora Webster (Viking): pochi romanzieri hanno oggi la capacità che ha Tóibín di ritrarre la vita,

Joseph O’Neill, The Dog (Fourth Estate, dall’autore di Netherland, un romanzo profondo sulla morale e l’amore perduto e il tradimento economico. Un avvocato americano, dopo una separazione si trasferisce a Dubai per gestire il patrimonio di una ricca famiglia libanese. Il romanzo post-coloniale che si trasforma. Il romanzo post coloniale scritto da un irlandese che vive a New York.

Colm Toíbín
Roy Foster, Vivid Faces: The Revolutionary Generation in Ireland 1890-1923 (Allen Lane), un’analisi del perché la ribellione irlandese del 1916 ha avuto il suo potere misterioso. L’autore la interpreta come lavoro collettivo di una generazione e guarda da vicino diari, lettere d’amore e legami famigliari.

Maria Popova
Alessandro Sanna, The River (Perseus Books. In italiano, Fiume lento, Rizzoli).
Per ricordare in modo lirico che la vita, nonostante le occasionali crideltà è soprattutto gioiosa, radiosa e sempre in movimento.

William Boyd sceglie invece:
Vladimir Nabokov, Letter to Vera, (Penguin Classics). Nabokov “a guardia abbassata”, che scrive per un solo lettore.

William Dalrymple
Rana Dasgupta, Capital: A Portrait of Twenty-First Century Delhi (Canongate). In questo saggio l’essenza di una città violenta e traumatizzata.

Owen Jones:
Arun Kundnani, The Muslims Are Coming, Un fantastico colpo all’islamofobia galoppante (In Gran Bretagna ma anche da noi).

Naomi Klein:
Glenn Greenwald, No Place to Hide (Hamish Hamilton), la storia di Edward Snowden e di quello che ha rivelato delle attività della National Security Agency americana nelle attività di spionaggio delle comunicazioni in rete e telefoniche.

WiJack Steadman
Haruki Murakami, Colorless Tsukuru Tazaki and His Years of Pilgrimage (Harvill Secker).

Ian Rankin
Martin Amis, The Zone of Interest (Jonathan Cape), un libro che fa molto rumore, da parte di un romanziere fra i più amati-odiati di Gran Bretagna. Considerato uno dei migliori romanzi in assoluto di Amis, The Zone of Interest è una satira dura e abrasiva delle abitudini quotidiane di un gruppo di aguzzini che lavora in un campo di sterminio nazista.

Kamila Shamsie
Ali Smith, How to Be Both (Hamish Hamilton), due romanzi in uno: “Eyes” e “Camera”, due storie di amore, arte e ingiustizia. Finalmente una scrittrice che prova a sperimentare. Finalmente una scrittura davvero letteraria, non ingabbiata nei generi.

Binyavanga Wainaina
Yvonne Owuor, Dust (Granta) è il romanzo africano più importante dall’uscita di Metà di un sole giallo (Einaudi, 2008) di Chimamanda Ngozi Adichie.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Una replica a “I libri più belli del 2014 secondo gli scrittori del Guardian”

  1. Anche a me piace molto spulciare le liste altrui. Tra i libri qui segnalati conosco solo quello di Murakami: “L’incolore Tsukuru Tazaki…” che qui in Italia è passato un po’ inosservato (almeno rispetto ai precedenti dello stesso autore) ma che io ho invece amato molto. Mi fa quindi immenso piacere che qualche nome lo citi tra le migliori letture di quest’ anno e il Guardian lo riporti nella lista.
    Mi paiono interessanti anche quelli Martin Amis e di Ali Smith, la nuova graphic novel di Joe Sacco, e probabilmente lo è anche il saggio sulle culture orientale e occidentale di Ranjit Hoskote, e Ilija Trojanow, anche se non mi piace vedere mischiate nelle stesse liste saggistica e narrativa.

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