L’open-access movement è una possibile soluzione alla morte lenta cui sono destinati i libri una volta terminata la loro “vita commerciale”.
Vita che per la stragrande maggioranza di quel che viene pubblicato, indipendentemente dalla qualità, è decisamente breve.
“Vita breve” significa che nessuno leggerà mai più quei testi, perché saranno introvabili e/o inaccessibili.
L’editore non li pubblicherà più, le librerie – nel caso avessero qualche copia sugli scaffali – non rinnoveranno l’assortimento e si sbarazzeranno, nel giro di un paio di mesi, delle copie rimaste. La produzione migliore sarà al massimo recuperabile sugli scaffali di qualche biblioteca, difficilmente accessibile.
Resterà così inespresso e insoddisfatto il più grande desiderio di un autore: quello di essere raggiunto e letto da qualche lettore. E il lettore sarà privato della possibilità di scoprire ed eventualmente scegliere di leggere proprio uno di quei libri, “moribondi”.
Le soluzioni dell’open-access movement conciliano gli interessi di libera circolazione della cultura con quelli degli autori, i quali probabilmente accetterebbero qualche forma di rinuncia parziale ai – teorici- vantaggi del loro diritto d’autore, in cambio di una facile possibilità di scoperta e di reperibilità dei loro scritti.
Dell’open-access movement ci parla lo storico della cultura Robert Darnton in un articolo sulla New York Review of Books di qualche settimana fa (May 22, 2014). Darnton lavora da anni a progetti per semplificare l’accesso democratico alla cultura, in particolare attraverso la Digital Public Library of America (DPLA), che è parte di questo movimento, cui si può anche ascrivere Europeana.

Il ragionamento è semplice: la stragrande maggioranza degli autori ottiene pochissimi soldi dalle vendite propri libri già un anno o due dalla pubblicazione. Si stanno creando organizzazioni attraverso le quali gli autori rendono disponibili online i libri, dopo un certo periodo dalla prima pubblicazione. La soluzione in genere propone la consultazione libera dell’opera dal web, e il pagamento di un contributo in denaro per scaricare il file che può essere poi stampato con le macchine per il print-on-demand.
Fra le altre si possono citare l’Authors Alliance, negli Stati Uniti; oppure la Knowledge Unlatched, pensata per le opere di saggistica specialistica: vengono acquistati volumi attraverso i fondi pagati da biblioteche che si abbonano al servizio. Più sono queste biblioteche più basso è il costo che ciascuna dovrà pagare e ad autori ed editori viene garantito un certo introito. L’edizione elettronica del libro sarà consultabile on line, mentre le biblioteche che si sono abbonate avranno il diritto di scaricare i file e stampare copie dei volumi, in base a politiche di distribuzione autonome. Iniziative analoghe sono quelle della OpenEdition Books di Marsiglia, la Open Book Publishers di Cambridge, Inghilterra.
Certo ci sono alcune complessità da risolvere nella gestione di queste attività prima che possano diffondersi. Tuttavia l’open-access è nell’interesse di tutti, degli autori, della società per la quale la circolazione della cultura è un fattore essenziale di sviluppo ma in fondo anche degli editori, il cui catalogo con una vita “commerciale” è necessariamente limitato rispetto a quanto hanno pubblicato negli anni.
Rispondi