Alice Munro, un Nobel per i gruppi di lettura (e per i racconti)

Il Nobel a Alice Munro, il 10 ottobre 2013, è stato anche un premio per il racconto tradizionale, espresso da una voce narrante che è quasi tutt’uno con quella dei personaggi, quasi simile a quella di un memoir. Per questo i racconti di Munro sono molto apprezzati dai lettori dei Gruppi di lettura che trovano in essi l’ambiente ideale per identificarsi con le storie. E quindi per parlarne.

Alice MunroI lettori, quelli di letture intense, amano i racconti (a parte alcuni che li evitano, con motivazioni comunque interessanti che hanno a che fare con l’apparente effimera esistenza dei personaggi e delle storie).

Su questo blog i commenti suggeriscono letture di short stories: da Cechov a Trevor, da Cheever a Carver a Mavis Gallant. Per citarne solo alcuni. Il gruppo di lettura di Cologno, in uno dei prossimi incontri, leggerà alcuni racconti di scrittrici, fra le quali anche Alice Munro, decisione presa prima dell’annuncio del Nobel.

I grandi autori di racconti sono scrittori straordinari. E quasi sempre la forma ellittica del racconto sembra fatta apposta per la discussione libera, tipica dei gruppi di lettura.

La narrativa di lingua inglese, più di quella italiana, esprime un certo, costante, amore – anche di mercato – per la short story. In effetti riviste come il New Yorker, con il prestigio, i soldi pagati agli autori, la discreta diffusione, sono una buona ragione di “mercato” per scrivere racconti. Ci sono autori celebrati come Harold Brodkey, chiamato il Proust americano da Harold Bloom, che ha scritto solo storie pubblicate dalle riviste e nemmeno tantissime.

Il New Yorker riserva ancora ogni settimana ai lettori una fiction con firme prestigiose. Alice Munro è fra queste e in questi giorni del Nobel la redazione del settimanale ne ha riproposti alcuni sul sito: per esempio, “Gravel“, uscito nel giugno del 2011 – o “The bear came over the mountain“, inizialmente pubblicato sulla rivista nel dicembre del 1999.

RACCONTI PER CASO
In una intervista pubblicata da The Atlantic nel 2001, Munro disse di essere arrivata alla short story per caso; o meglio, per necessità, per mancanza di tempo, soprattutto per le interruzioni alle quali la vita quotidiana la costringeva. Insomma nessuna vocazione specifica per il racconto.

Eppure Cynthia Ozick, ripresa poi da altri autori e critici (ultimo la scorsa settimana James Wood sul New Yorker) la definì il “Nostro Cechov”. Un riconoscimento altissimo il paragone con il russo: per la grandissima qualità della scrittura, per lo stile, la voce, la struttura.

Joyce Carol Oates, in una recensione sulla New York Review of Books del 2009 di una raccolta di storie di Munro, ha ben sintetizzato l’ispirazione della scrittrice: espressa dall’ambientazione prevalente rurale e dei piccoli centri dell’Ontario sud-occidentale, area popolata dai discendenti degli immigrati scozzesi di matrice presbiteriana, congregazionista e metodista, caratterizzata da frugalità, principi morali rigidi e pietà cristiana. Un protestantesimo severo che ha ispirato un vero genere letterario chiamato “Gotico dell’Ontario meridionale”. Una cultura come questa, spesso ostile e timorosa nei confronti degli stranieri e dei comportamenti anomali, che però lascia trasparire, sotto una crosta dura e apparentemente impermeabile, paure, deformazioni morali e sofferenze.

LA VOCE DEI RACCONTI DI ALICE MUNRO
I racconti di Munro sono scritti con un linguaggio che – continua Oates – è poco cambiato nel corso dei decenni della sua attività di scrittrice, così come è rimasta immutata la sua concezione del racconto.

“Munro è una discendente del realismo lirico di Cechov e Joyce, per il quale lo stile teso, essenziale, basato sul dialogo tipico di Hemingway è poco interessante”. In questo Munro è assai vicina anche a Flannery O’Connor.

“La voce di Alice Munro può essere ingannevolmente diretta, semplice, ma esprime una specie di realismo vernacolare nel quale la voce analitica, che rimugina e valuta senza sosta il tema affrontato, appare naturale come se fosse la voce stessa del lettore”.

In molti dei suoi racconti, Munro usa una voce simile a quella degli autori di memorir, al punto che, come sottolinea Joyce Carol Oates, il lettore assume che la voce del narratore esprima quella del protagonista e non sia distinta da quella dell’autrice. Questo intreccio di voci “coinvolte” porta a una facile identificazione con i personaggi, la storia, le considerazioni della voce narrante: condizione quasi perfetta per quel tipo di lettura condivisa che viene spesso praticata dai gruppi di lettura.

Lunga vita al racconto!

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2 risposte a “Alice Munro, un Nobel per i gruppi di lettura (e per i racconti)”

  1. Anche al GDL di Cervia si legge Munro: In fuga. 20 novembre 0re 16.30

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  2. Ed anche il gruppo di lettura della Biblioteca Ruffilli di Bologna ha deciso di leggere i racconti della Munro, il 9 gennaio Amico, nemico, amante….. Sono curiosa cosa ne verrà. Anche perchè la scelta è caduta su un libri che è una raccolta di racconti non uniti in qualche mod tra loro. Ed è la prima volta che il nostro gruppo (ancora molto giovane) ha deciso di affrontare il racconto e non il romanzo. ONO ancor più curiosa leggendo le considerazioni di questo post sul genere racconto.

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