
Non mi aveva mai attirata molto Paul Auster; avevo la convinzione che i suoi libri fossero un po’ surreali, un po’ campati in aria, cosa che non fa per me, quindi non avevo mai letto nulla. Poi ho trovato al Libraccio “Follie di Brooklyn”, ed. Einaudi, e ho provato a prenderlo. Per 6 € il rischio era sostenibile.
Complice sicuramente l’ambientazione – Brooklyn, ovviamente, e più nello specifico Park Slope, il quartiere dove abita Paul Auster – dove questa estate ho passato una bellissima giornata, mi sono totalmente ricreduta, il libro mi è piaciuto tantissimo, mi ha fatto ridere, mi ha coinvolta, mi ha fatto pensare.
Protagonista Nathan, un burbero sessantenne, reduce da una grave malattia; divorziato, rapporti pessimi con la ex moglie e molto tesi con la figlia. Decide di tornare a vivere a Brooklyn, sua città di origine, da cui però manca da decenni. E’ appena andato in pensione, e ha qualche difficoltà a tirare sera; così, decide di dedicarsi a un grande progetto, Il libro della follia umana, un’opera in cui riportare
con il linguaggio più semplice e chiaro possibile, il racconto di tutti gli svarioni e i capitomboli, i pasticci e i pastrocchi, le topiche e le goffaggini in cui ero caduto nella mia lunga e movimentata carriera di uomo. Quando non mi fosse venuto in mente nulla su di me avrei raccontato cose capitate alle persone che conoscevo; e se anche quella fonte si fosse inaridita avrei saccheggiato la Storia, descrivendo le follie dei miei simili nei secoli, dalle civiltà scomparse dell’antichità fino ai primi mesi del Duemila.
Il progetto passa però in breve tempo in secondo piano, quando Nathan si imbatte per caso in Tom, il figlio di sua sorella (morta da anni), che aveva perso di vista da tempo. Tom fa ora il commesso in una libreria di Park Slope, dopo aver abbandonato una promettente carriera di studioso. Pian piano Nathan si avvicina sempre di più a Tom; legandosi al bizzarro proprietario della libreria, Harry Brightman, e alle sue intricate vicende; avvicinandosi alla B.P.M., Bellissima e Perfetta Madre, una sconosciuta di cui è perdutamente innamorato Tom; affezionandosi a Lucy, la nipotina di Tom, scomparsa da anni con la madre Aurora, e ricomparsa un giorno alla porta dello zio senza parole e senza passato; fantasticando insieme al nipote sull’Hotel Esistenza, un rifugio, un po’ reale un po’ utopico, dalle delusioni della vita.
Col passare dei giorni, Nathan riconquista la figlia e l’amore, insieme al nipote, alla nipotina, alle persone che insieme hanno incrociato sulla loro strada ricostruiscono una vita, ritrova la speranza per il futuro.
– Potrei anche sbatterle fuori di casa, non ti sembra?
– Credo di sì. E finiresti per rimproverartelo ogni giorno per il resto della tua vita. Non farlo, Joyce. Prova a seguire la corrente. Tieni alta la guardia. Non lasciarti infinocchiare. Vota democratico a tutte le elezioni. Pedala nel parco. Sogna il mio corpo perfetto e dorato. Prendi le tue vitamine. Bevi otto bicchieri di acqua al giorno. Fai il tifo per i Mets. Guarda un sacco di film. Non lavorare troppo. Vieni con me a fare un viaggio a Parigi. Accompagnami all’ospedale quando Rachel avrà il bambino, e prendi in braccio mio nipote. Lavati i denti dopo ogni pasto. Non attraversare con il rosso. Difendi i piccoli. Non farti mettere la testa sotto i piedi. Ricorda quanto sei bella. Ricorda quanto ti amo. Bevi uno scotch con ghiaccio tutti i giorni. Respira a fondo. Tieni gli occhi aperti. Stai lontana dai cibi troppo grassi. Dormi il sonno dei giusti. Ricorda quanto ti amo.
*giuliaduepuntozero
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