Cosa ci resta delle pagine dei romanzi letti solo in parte? Abbiamo solo sprecato tempo o sono comunque parte pertinente e significativa del nostro mondo, della nostra esperienza?
Questa mattina ho pensato ai libri che ho smesso di leggere: intendo dire quei romanzi letti per un po’, qualche centinaio di pagine magari, e poi lasciati, non terminati, abbandonati lungo la via della lettura.
Fra l’ultima settimana di luglio e la prima di agosto, per esempio, ho messo insieme la lettura di qualcosa come 500 pagine di due romanzi – di qualità vi assicuro – che però ho abbandonato ben prima dell’ultima pagina.
Cinquecento pagine sono tante, diciamo che sono l’equivalente quantitativo di un bel romanzone.
Sulle prime, quando abbandono un romanzo che mi ha accompagnato con lettura intensa per qualche giorno, non mi rendo conto della portata di quel che sto per fare; non me ne rendo conto in genere perché non leggo mai solo un libro alla volta e quindi quell’abbandono sembra concentrare soltanto maggiormente la mia attenzione sull’altro libro.
Poi però ho la sensazione strana di aver conosciuto delle persone – più la voce narrante che i personaggi – che senza salutare ho lasciato a metà – anche prima – di una loro importante confidenza.
Come se una conversazione interessante in uno scompartimento di un treno venisse troncata, non dall’arrivo del treno a destinazione, ma da una stazione intermedia, alla quale, senza avvertire l’interlocutore, decidessi all’improvviso di scendere.
E anche se non ho – per fortuna – veri sensi di colpa nell’abbandonare i libri (e vi risparmio la citazione di presunti diritti del lettore) qualche domanda me la pongo, in effetti.
Per esempio, quanto conosco di quei libri abbandonati? Duecento pagine dei Detective Selvaggi di Roberto Bolaño, cosa mi hanno lasciato dell’universo e dello stile di questo scrittore?
E’ stato uno spreco di tempo oppure comunque duecento pagine di un libro sono sempre duecento pagine “vere”, che lasciano il segno, da qualche parte?
Le pagine lette nei romanzi che non abbiamo terminato sono dentro il fiume di tutte le pagine dei libri che abbiamo letto – insieme insomma a quelle dei libri che abbiamo terminato – o sono in una specie di purgatorio o peggio ancora non esistono, non sono mai esistite per il lettore?
Domanda che implica che, forse, non dobbiamo considerare le nostre letture solo in termini di “libri” ma anche come un fiume alimentato da tutte le nostre letture, anche quelle non completate; insomma, in questo modo la lettura sarebbe più un flusso continuo che una serie di unità discrete. E questo solo come esperienza soggettiva di lettura ovviamente, senza pensare di teorizzare qualcosa a proposito della “frammentarietà” o negare l’importanza dell’unità compiuta stilistica e di contenuto di un romanzo
Ma forse è una questione irrilevante.
Che ne pensate?
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