Mi piace molto Nick Hornby, e corro a leggere ogni suo libro appena esce, da anni ormai. Ma non so perché, non avevo ancora mai letto *Febbre a 90’*, ed. Guanda, nonostante il calcio sia un’altra mia grande passione.
Ho rimediato ora, in questa calda estate 2010, ancora leggermente inebriata dalla tripletta e malinconica per la partenza dello Special One.

Nick Hornby _chi ha letto qualche suo libro lo sa_ è divertente, scrive bene, e vive per l’Arsenal. *Febbre a 90’* è lo specchio di tutto questo. In tanti capitoli, ciascuno con la data di una partita, ripercorre la sua vita, che per forza di cose è innanzitutto la vita di un tifoso, a partire dal Debutto in casa, 14.9.68, Arsenal-Stoke City, quando, complice il divorzio dei genitori, a 11 anni si ritrovò a Highbury per passare in qualche modo il sabato pomeriggio col padre, fino all’11.1.92, Arsenal-Aston Villa, ennesimo gelido pomeriggio teatro di una partita insignificante, fonte di sofferenza, frustrazione, rabbia, delusione. Insomma, un normale pomeriggio da tifoso:
Quando la nostra squadra perde a Wembley, noi pensiamo ai colleghi e ai compagni di scuola che dobbiamo affrontare il lunedì mattina, e al delirio che ci è stato negato; e in quel momento ci sembra inconcepibile che ci permetteremo ancora di essere così vulnerabili. Sentii che non avevo il coraggio di essere un tifoso di calcio. Come potevo immaginare di dover subire di nuovo tutto quanto?
Passando per scuole e università, lavori come insegnante e scrittore, fidanzate, amici, genitori, sorelle e fratellastri, vittorie in Coppa e scudetti, trasferte e partite in casa, valanghe di gol, e, assai più spesso, noiosissimi 0 a 0.
Lamentarsi perché il calcio è noioso è un po’ come lamentarsi per il finale triste di Re Lear; vuol dire non aver capito niente, e questo è quello che invece capì Alan Durban: che il calcio è un universo alternativo, serio e stressante quanto il lavoro, con le stesse preoccupazioni e speranze e delusioni e gioie occasionali. Io seguo il calcio per una marea di motivi, ma non vado per divertirmi, e quando mi guardo attorno il sabato e vedo quelle facce accigliate, in preda al panico, mi rendo conto che anche per gli altri è la stessa cosa. Per il tifoso vero, il calcio come divertimento esiste nella stessa maniera in cui in mezzo alla giungla esistono gli alberi che cadono: presumiamo che succeda, ma non siamo in grado di poterlo dire.
Un bellissimo omaggio a una squadra, uno sport, una passione:
Febbre a 90′ è il tentativo di acquisire un qualche punto di vista sulla mia ossessione. Perché una relazione iniziata come una cotta da scolaro è resistita per quasi un quarto di secolo, più a lungo di ogni altro legame da me deliberatamente scelto? (Amo moltissimo la mia famiglia, ma mi è stata per così dire affibbiata, e non sono più in contatto con nessuno degli amici che avevo prima dei quattordici anni, a parte l’unico altro tifoso dell’Arsenal che c’era a scuola.).
*giuliaduepuntozero
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