
Innanzitutto, un avvertimento: se siete facilmente suggestionabili, come me, non leggete questo libro prima di una vacanza al mare. Io ho fatto questo errore questa estate in Liguria, cedendo alle pressioni del mio ragazzo che mi consigliava questo libro da anni, e già dopo qualche decina di pagine mi è venuto il terrore di addentrarmi in acqua, temendo l’attacco di pesci, balene, alghe, granchi, vermicelli marini.
Il romanzo ha riscosso un grande successo grazie al passaparola, alla sua uscita, nel 2004, e non stento a crederlo. Pur superando le mille pagine, si legge tutto d’un fiato, nonostante il tema di fondo non sia neanche così leggero.
*Il quinto giorno*, ed. Nord, è infatti un fanta-thriller ambientalistico, dove si immagina che in un futuro molto vicino la natura _il mare_ si ribelli all’uomo, seminando morte e distruzione.
Il bello (?) è che il romanzo non potrebbe essere più attuale di così, e, complice una descrizione dettagliatissima dei particolari più scientifici, si finisce per perdersi e non capire più dove finisca la realtà e dove incominci la finzione.
Ma c’è anche la speranza. Emergono i primi segni di un cambiamento di mentalità nel concepire il nostro ruolo sul pianeta Terra. Molti cercano di comprendere la varietà biologica per capire i veri principi unificatori. In ultima analisi, è un processo che abbatte ogni gerarchia. L’uomo si è già chiesto quali effetti avrà sulla psiche dei suoi discendenti ereditare un mondo impoverito. Chi è in grado di decidere quale valore può avere una specie animale per lo spirito umano? Vorremmo boschi, barriere coralline e mari pescosi, aria pulita, fiumi e laghi limpidi. Se continuiamo a danneggiare la Terra e ad annientarne la verità, distruggiamo una complessità che non comprendiamo e che non saremo mai in grado di sostituire. Le cose che distruggiamo rimangono distrutte. Chi vuole decidere a quale parte della natura possiamo rinunciare?
*giuliaduepuntozero
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