Il racconto come nuova dimensione di cura

L’esigenza di unire l’aspetto umanistico all’approccio scientifico è diventata una delle sfide più affascinanti della medicina moderna.
Le MEDICAL HUMANITIES  rappresentano un movimento sociale, filosofico e scientifico teso al miglioramento non solo dei rapporti umani nell’ambito della cura di una patologia, ma anche allo sviluppo di nuove metodologie di indagine che possano aumentare il potenziale terapeutico delle relazioni.
Uno degli approcci più interessanti per noi è forse quello della NARRATIVE MEDICINE, ossia della medicina basata sulla narrazione.

Questo indirizzo, che mira a divenire una vera e propria disciplina, attribuisce un grande valore ai racconti di malattia sia della persona malata che dei curanti. Per la Medicina Narrativa il vissuto dell’esperienza che riguarda la patologia e le cure che vengono somministrate per il suo superamento ha un valore intrinseco: fornisce indicazioni sulle cause, sulle cure maggiormente appropriate e sulla metodologia di lavoro degli operatori sanitari.

La valorizzazione del vissuto non è una recente apparizione nel panorama degli approcci sanitari: già M.Balint, in tempi ormai quasi remoti, lo aveva sostenuto. Inoltre, tutti i metodi basati sull’arte e sull’espressione dei propri sentimenti hanno da tempo avvicinato malato e curanti in un terreno in cui è possibile incontrare l’Altro nella comune esperienza umana che accompagna il processo di cura.

L’aspetto attualmente più indagato della Medicina Narrativa è la possibilità di comprendere quali aspetti culturali e personali siano responsabili delle scelte dei curanti e del loro comportamento. Sul mercato editoriale sono disponibili diverse opere che guidano alla comprensione di questo approccio, ma personalmente proporrei prima di tutto quelle che offrono generosamente al lettore la possibilità di prendere contatto con l’esperienza diretta.
Tra questi è il famoso Dall’altra parte, preceduto e seguito da molti altri libri in cui persone malate hanno narrato il loro modo di sentire e di affrontare la diagnosi e la cura del male.

Lascio a coloro che vorranno partecipare alla discussione la possibilità di segnalare altri testi.

laraffaella

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9 risposte a “Il racconto come nuova dimensione di cura”

  1. E’ interessante, e in qualche modo legato a quanto da te riportato, l’uso della narrativa come psico-terapia. Se ho capito bene il tuoi intervento si riferisce a “diari di bordo” sulla propria malattia fisica, io invece mi riferisco allo scrivere come terapia per uscire da crisi psicologiche come, ad esempio, la crisi di mezza età, un aborto naturale, la perdita di una persona amata, ecc. Il raccontare una storia o un’emozione (positive o negative che siano) ci consente di farle uscire da noi, di liberarci dal peso che esse hanno sul nostro io interiore, di consegnarle per sempre alla storia.
    Posso dire, per esperienza personale, che quando un fatto, una emozione, una sensazione giacciono solo al nostro interno sono in condizione di tormentarci ma quando queste vengono espulse e fissate in un “oggetto narrativo” queste diventano innocue e anche se si parla di un fatto doloroso, il rileggere ciò che abbiamo creato non ci ferisce quanto l’averlo ancora dentro di noi: quel qualcosa non cammina più DENTRO di noi ma ACCANTO a noi.

    Tornando al guanto da te lasciato, io non sono in grado do citarti testi (non ne conosco) però qualsiasi prima esperienza letteraria amatoriale per molti autori in erba rappresenta una cura.

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  2. Hai perfettamente ragione. Da questo punto di vista i libri autobiografici non sono d’aiuto solo per chi li scrive, ma anche per le persone che vi si ritrovano, o che non riescono a capire cosa stia succedendo ad un amico, un parente, malati.La lista dei libri è lunga (ci sono anche fumetti!)ma vorrei ricordare soprattutto Tiziano Terzani, che con tanta generosità ha messo a nudo la sua anima, per sé, ma anche a vantaggio di tante altre persone.

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  3. Com’è vero…cara Laraffaella la bella, tersa, rasserenante e pacificata scrittura di Terzani mi ha rimandata ad Oriana Fallaci che intervista se stessa- L’Apocalisse .
    Scrittura fatta di intolleranza e livore. Puro odio che traspare e trabocca da tutte le pagine e mi è venuta una gran pena e malinconia per lei.Due modi diversi di morire (e di vivere).

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  4. Molto tempo fa ho avuto la fortuna di leggere un libro poco conosciuto scritto da un medico durante il suo utlimo periodo di vita. Non era una scrittore professionista ma aveva in precedenza condotto degli studi etnografici con grande sensibilità. In quel libro era possibile leggere la disperazione e la rassegnazione nello stesso momento, una lezione di ascolto, se non di vita (non credo alle lezioni di vita, in verità).Il libro è ormai fuori catalogo ma lo voglio ricordare ugualmente: “L’uomo orizzontale” di Luciano Sdraffa.

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  5. Dove si può trovare il libro?

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  6. Scusami tanto Carlo, vorrei esserti utile, ma non ho capito a quale libro ti riferisci.:)

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  7. Salve. Volevo segnalarvi un blog che riporta numerosi link e risorse utili per chi volesse approfondire il tema della medicina narrativa.

    http://hstory.wordpress.com

    Molti autori spesso non sanno nemmeno di stare parlando di medicina narrativa, altri invece ne sono molto consapevoli. Uno dei libri di testo che mi permetto di consigliarvi è “Il cervello anarchico” del dottor Soresi.

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  8. Grazie al libro la via, il viaggio e le lacrime perse ho superato una lunga serie di difficoltà psicologiche tutte con un unico denominatore comune: la paura di vivire e di amare.

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