
- La settimana ci porta finalmente ad abbracciare la ripubblicazione in Italia dello straordinario racconto di Alan Sillitoe, The lonliness of the long distance runner. Ci ha pensato Minimum Fax e gliene siamo grati. Molto.
Peccato che resti ancora la confusione fra il long-distance cross-country che corre Colin (anche se nel libro il nome Colin in realtà non appare, come ci spiega nel suo commento farouchegrande) il narratore protagonista-ribelle rinchiuso nel riformatorio e la maratona della traduzione italiana (La solitudine del maratoneta), che è un’altra cosa.
Ma ovviamente è un peccato veniale al confronto con il merito di averci riproposto il racconto, insieme con gli altri della raccolta.
quanto alla questione “long-distance cross-country / maratona”, posso rivelare che è stata una scelta a ragion veduta, pur tenendo presente le differenze fra le due specialità. quanto fascino, infatti, avrebbe mantenuto un libro intitolato “La solitudine del corridore campestre”? in che modo avrebbe reso, fin dal titolo, la strenua lotta e la rabbia del protagonista?
e veramente di confusione ce n’era anche un’altra nella precedente edizione Einaudi, che è stata corretta in quella minimum fax (la traduzione è la stessa, ma è stata riveduta per l’occasione): il riformatorio dove si trova il protagonista *non* si chiama Borstal. “Borstal” in inglese vuol dire semplicemente “riformatorio”, dal villaggio di Borstal nel Kent dove fu costruita la prima struttura del genere; il nome geografico è poi diventato nome comune, proprio come “Bedlam” è passato a indicare il manicomio (dal Bethlem Royal Hospital) e per estensione la confusione, il bailamme (parola, quest’ultima, derivata proprio dal termine inglese).
per finire: Colin, almeno nel racconto, non si chiama Colin. il nome di battesimo gli è stato attribuito nel film di Richardson (che lo ha preso a prestito dal protagonista di un altro racconto della raccolta), ma nel racconto viene chiamato semplicemente Smith.
scusate gli sdottoreggiamenti ─ ho pensato che queste notizie potessero interessarvi.
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no figurati, farouchegrande, “sdottoreggiamenti” graditi. La questione della maratona e del cross-country è, a suo modo, una pedanteria. Infatti ho detto ch eè un peccato veniale. Però, soprattutto chi pratica la corsa, lo nota e il tutto stona un po’. Ho un amico maratoneta come me che si è preso il libro in biblioteca solo per il titolo; il libro gli è piaciuto molto, ma… l’asptettativa era di qualcosa che gli ricordasse l’agonia degli ultimi km. Ma, appunto, questa è un’altra storia, il titolo è un piccolo inganno che avvertono solo i maratoneti. Ma, siamo d’accordo, le storie che preferiamo son quelle che ci soprendono, no quelle che ci aspettiamo. E questa è una di quelle. E grazie anche per la precisazione su Borstal: devo dire che nella mia lettura del racconto in inglese non avevo avvertito che Borstal non fosse un nome proprio ma un nome comune.
Grazie ancora, dunque 😉
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