L’interesse della letteratura per la vita non ci rende migliori

L’ultimo Il penultimo (il nuovo ormai sta per arrivare) numero della rivista Granta, uscito in autunno, si apre con un’intervista a Richard Ford (Rock Springs, Sportwriter, Il giorno dell’indipendenza, Infiniti peccati, Donne e uomini). A Tim Adams che gli chiede se la letteratura ci porta a voler essere donne o uomini migliori, Ford risponde che…

L’ultimo Il penultimo (il nuovo ormai sta per arrivare) numero della rivista Granta, uscito in autunno, si apre con un’intervista a Richard Ford (Rock Springs, Sportwriter, Il giorno dell’indipendenza, Infiniti peccati, Donne e uomini). A Tim Adams che gli chiede se la letteratura ci porta a voler essere donne o uomini migliori, Ford risponde che la letteratura offre al lettore la possibilità di vedere la vita affermarsi, proprio attraverso il grande interesse che la letteratura dimostra di avere per la vita. “E dà al lettore una possibilità – nell’ambiente protetto di un libro – di vedere le conseguenze importanti degli eventi.” Che poi la possibilità di vedere queste conseguenze spinga il lettore a voler essere migliore beh, aggiunge Ford, quella è una questione privata, non della letteratura in sé.

Insomma, nient’altro che la conferma che leggere letteratura non ci rende necessariamente migliori, come spesso invece i lettori credono. E la conferma che però la lettura dovrebbe portarci a essere più consapevoli della necessità di cercare un nesso fra quel che facciamo e le possibili conseguenze di questo sugli altri. Se leggiamo almeno dovremmo non poter dire: non pensavo che questo avrebbe portato a quello.

Commenti

8 risposte a “L’interesse della letteratura per la vita non ci rende migliori”

  1. Avatar stefi
    stefi

    Sono perfettamente d’accordo; non mi piacciono le persone che pensano di essere migliori perchè leggono!
    Chi legge con passione lo fa sicuramente per piacere, per un’esigenza interiore, ma soprattutto, come spesso mi capita, per il cambio di propsettiva che un romanzo puo’ suscitare in me, per “i nuovi pensieri” che mi accompagneranno poi, per la forza delle parole, per lo stupore. Il resto è cio che è….ed è vita!

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  2. Avatar Mark
    Mark

    capovolgerei la prospettiva: i migliori leggono. che ne dite?

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  3. Avatar Fubar
    Fubar

    Magari il mio intervento suona stupido ma, imho, leggere porta conoscenza ed capacità di intellegere. Non so se chi legga naturalmente sia migliore, ma certo si offre una marcia in più, una chiave di lettura anche diversa rispetto a chi è costretto a subire la vita senza qualche pagina di conforto.

    Fubar/08-01-14

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  4. Avatar Luca

    Penso che la lettura apra diverse porte; non si tratta magari di miglioramento come afferma Richard Ford, ma di approdare a nuovi e diversi “porti” della mente a seconda del tipo di lettura: a volte la lettura contribuisce a creare e modificare l’occhio critico di una persona, a volte si ferma (per così dire) a storie che non hanno altro effetto se non quello colto al momento della lettura, a volte può cambiare diversi aspetti della tua vita con segni indelebili..

    L’effetto mi sembra essere piuttosto soggettivo.

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  5. Avatar marinaforlani
    marinaforlani

    Luca, sono d’accordo con te sulla soggettività degli effetti.
    Inoltre penso che la frase sulla possibilità per il lettore di vedere le conseguenze importanti degli eventi nell’ambiente protetto del libro sia apodittica nonchè talmente generica da sembrare un problema di traduzione….quali eventi?quando?su chi?

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  6. Avatar luiginter

    @marinaforlani, può essere che ci sia un errore nella mia interpretazione dell’inglese attribuito a Ford. Puoi verificarlo agevolmente: l’intervista è online all’indirizzo che ho messo nel post.
    Quanto al fatto che l’affermazione sulle conseguenze sia generica, sono d’accordo: generica quanto la domanda dell’intervistatore. Il problema è la tendenza di molti a credere in una missione morale della letteratura e soprattutto di un *effetto morale* della letteratura.
    Ford risponde che la letteratura non ha come obiettivo rendere il lettore migliore, semplicemente dovrebbe aiutarlo a capire come le vite siano una rete di azioni e di conseguenze di azioni; e, secondo me questo è anche un invito a considerare tutto quanto è implicato in una visione di questo tipo: anche in termini di responsabilità personale.
    Per quanto scontato, questo punto di vista non sempre viene considerato come premessa nelle nostre descrizioni e interpretazioni del mondo: che sia un microcosmo familiare o amicale o un’analisi di politica internazionale.
    Quindi è un obiettivo di conoscenza – non morale – quello che ci propone la letteratura.
    Tutto qui.
    Che l’effetto (morale) della lettura dipenda dal soggetto che legge mi sembra un’affermazione indiscutibile. E Ford lo dice chiaramente. Io l’ho riassunto così:

    “Che poi la possibilità di vedere queste conseguenze spinga il lettore a voler essere migliore beh, aggiunge Ford, quella è una questione privata, non della letteratura in sé.”

    ciao ciao a tutti

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  7. Avatar marinaforlani
    marinaforlani

    Luiginter la mia risposta è estremizzata e stizzosa, volutamente. La domanda dell’intervistatore era generica, è vero. Ma non capita mai, che uno scrittore intervistato risponda, ad una domanda troppo generica:”Questa è una domanda troppo generica”.

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  8. Avatar theleeshore
    theleeshore

    Ribalto la questione e dico: ci sono autori che pensano di poter indicare una direzione attraverso la letteratura, che avrebbero voluto rendere migliori i lettori attraverso i loro libri. E’ il caso di Tolstoji, Manzoni, Dante, Dostoevskij, Dickens, Sue, Scott, Dumas e molti altri. Qui l’intenzione edificante e salvifica è evidente. Ci sono poi autori che, proprio evitando l’intento moralizzatore, hanno contribuito, loro malgrado, a rafforzare il concetto di bene, dell’agire in modo giusto: e penso a Wilde, Balzac, Flaubert, Stendhal tra gli altri. Ci sono infine quelli che escludono la distinzione tra bene e male nel senso tradizionale del termine e lo fanno in modo programmatico: Kafka, Schnitzler, Faulkner, Gogol’ non sembrano avere modelli etici a cui fare riferimento. Ma proprio per questo, di fronte all’esibizione della fallibilità umana, indicano se non un percorso, un modo per affrontare la realtà. Si procede per errori (e questo è l’unico modo possibile, per tutti). L’importante è saperlo.

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