Insomma, anche se solitamente gli anniversari non portano buon consiglio, questo mi ispira: direi che è venuto il momento di riconsiderare, rileggere, leggere On the road: i motivi li troviamo, in un modo o nell’altro (fa 50 anni a inizio settembre).
Insomma, io lo farei, lo faccio.
Per aiutarci, quel che ha pubblicato il New York Times in questi giorni mi pare un ottimo punto di partenza (ne possiamo anche trovare altri, ovviamente).
Per prima cosa, un bell’articolo di Luc Sante del 19 agosto, dedicato a On the road ma anche all’edizione, The Original Scroll, di On The road. Quest’ultima è la leggendaria prima stesura del romanzo che Kerouac fece di getto, usando come carta un rotolo “continuo” (Sante ci dice che Kerouac stesso aveva attaccato i vari singoli fogli per farne, appunto un “rotolo”).
La differenza più importante in questa prima stesura, rispetto al libro che poi venne pubblicato, è stilistica, dice Sante: siamo davanti a un’opera qausi di memoria, non a un romanzo; la punteggiatura è più “musicale”, c’è meno affettazione letteraria, la scrittura appare più “contemporanea”.
Centrale, nella lettura di Sante di On the road, la forza trascinante della personalità di Neal Cassady (nel romanzo Dean Moriarty)
Meeting Neal Cassady, though, made it possible for him to write the mid-20th century’s answer to “Huckleberry Finn.” Cassady, with his need to move, his vast yahooing enthusiasm and his insatiable priapic drive, could have stepped out of Western legend.
L’altra cosa interessante dal New York Times è la recensione di una sorta di “guida all’attualità” di On the road. Detto che un libro che cerchi l’”utilità” di un altro libro ci fa sempre un certo effetto sospetto, resta il fatto che Why Kerouac matters, The Lessons of ‘On the Road’ (They’re Not What You Think) di John Leland, sembri una bella operazione coraggiosa. Almeno da quel che ne dice la recensione:
Who needs it now? The New York Times reporter John Leland thinks we all do. “Beneath its wild yea-saying,” Leland writes, “ ‘On the Road’ is a book about how to live your life.” Leland is an amiable and at times instructive guide to “On the Road,” making his way through the book to reveal what he calls its “lessons” on work, love, art and religion. He rightly argues that the book is as much about bookish Sal as crazy Dean, that grief and atonement lie at the core of the story, and that low overhead and a sense of improvisation make for a good life.
Insomma, per cominiciare a riavvicinarci a On the road, basta così. Altre cose magari arriveranno nei prossimi giorni (forse 😉
Ps. nella foto sopra, Kerouac è a destra; l’altro ovviamente è Neal Cassady; nel 1952
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