E’ possibile che le serie televisive di qualità siano il vero romanzo dei nostri anni?
Se ne è parlato negli Stati Uniti soprattutto dopo la fine dei Sopranos, quando alcuni critici non hanno esitato a definire l’autore della serie (8 anni di programmazione, 86 episodi) David Chase, il Charles Dickens di oggi.
Difficile negare la qualità della scrittura di questa tv: gli intrecci, la profondità e l’ampiezza con cui sono rappresentati alcuni personaggi.
Difficile negare anche la capacità di attrarre l’interesse dei lettori/spettatori (creare dipendenza, addirittura) come un romanzo d’appendice. Del resto negli Stati Uniti da qualche anno si dice che il meglio degli scrittori si dedica alle serie televisive e al cinema più che alla narrativa in forma libro.
Da noi Aldo Grasso su questa tesi (più o meno, io non l’ho letto) ci ha scritto un libro: Buona maestra. Perché i telefilm sono diventati più importanti dei libri e del cinema (Mondadori).
Conosco parecchi appassionati lettori/divoratori che sono anche grandi fruitori di serie televisive (anche fra i blogger di questo nostro blog). Quindi? Quindi niente, tutto bene, direi.
Dobbiamo solo chiederci, come scrive sul Guardian il critico John Freeman, se la narrativa televisiva sia oggi veramente migliore di quella dei libri per rappresentare il mondo in cui viviamo. Oppure se, semplicemente, oggi si legga poco. E si è assegnato il ruolo di stimolo, creazione di sogni, rappresentazione artistica del mondo alla televisione, anche per i ceti più colti, solo perchè è più facile vedersi le 86 puntate dei Sopranos che leggersi Pastorale americana.
Comunque Il fenomeno è interessante, sottolinea Freeman, anche per un altro aspetto: la simultaneità della “lettura” di una serie televisiva: anche i libri “colti” di maggior successo, quelli che sono entrati a buon diritto nell’immaginario del pubblico, quelli che da decenni continuano a essere letti (che so, Kerouac, Pirsig, Ellison, o da noi, Pirandello, ma, in prospettiva anche Camilleri) non hanno mai avuto né avranno mai tanti lettori contemporanei (cioè lettori che lo leggono nello stesso periodo di tempo) come una serie televisiva. La serie televisiva è l’unica forma narrativa di cui si discute al bar, alla macchinetta del caffè in ufficio, negli spogliatoi delle palestre: l’unica forma capace di diventare di massa.
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