Gaia ci ha scritto queste sue impressioni/cronaca del passaggio alla Fiera del Libro a Torino. Gaia ha un suo blog, molto interessante e creativo: A caccia di Gaia. Grazie Gaia
Sono stata a Torino, per la mia prima volta alla Fiera, proprio sabato nell’orario del delirio. L’autista è riuscito a metterci tre ore da Milano. Alle dodici siamo entrati, io e i miei compagni del corso di “editoria”, sparpagliandoci subito.
La mia prospettiva sull’evento è molto laterale, molto piegata al mio chiodo fisso degli ultimi mesi: trovare un lavoro in questo campo. Ero quindi partita munita della cartuccera dei biglietti da visita (con faccine da lemure e personaggi stilizzati) e da un pacchetto di curricula, che si spiegazzano sempre allegramente…
Gli spazi della fiera sono molto piacevoli, a patto che si sia disposti ad accettare il caos, le distanze minime e la comunicazione persuasiva.
Sarei molto curiosa di sapere chi ha visto funzionare la grande macchina organizzativa del Bookstock, lo spazio 0-20, con curatore Culicchia che pontificava molto saggiamente sull’inserto de “La Stampa” qualche settimana fa di un ritorno ai classici con brio (di rimbalzo pop). Gli ambienti di questa zona erano molto accattivanti, luminosi e frequentati, tanti macintosh, qualche telecamera in un gabbiottino del tipo “lascia il tuo video su..”. Un papà e un bambino li ho sbirciati farlo in diretta: sembravano allegri e a loro agio.
Passando ho anche notato un’arena piena di bambini vocianti a cui lo speaker chiedeva di stare attenti: brutto segno.
A parte qualche sorriso tirato delle signorine degli stand [non ti aspettare niente, sii creativa quando lo invii (:-?), e che cosa ti interesserebbe fare?] e un briciolo di dialettica da Stampa Alternativa ( Farsi un libro) e Alet (chiacchieratissimo il penultimo di Philippe Forest), l’unico evento a cui ho assistito è stata la premiazione di Susanna Basso.
Io non lo sapevo e un po’ me ne vergogno, ma “la Susanna” è una esimia traduttrice a cui veniva consegnato il premio dedicato a Mimi? (Maria Luisa) Castellani Agosti, altra (storica) figura dell’editoria italiana.
Soprassediamo sull’intervento di Paolo Collo. Nell’affolatissima Sala Madrid una slendida “lecture” della nostra ci ha letteralmente incollati alle serie.
Sulla scia di un sufficientemente brillante messaggio di Guido Davico Bonino, la Basso, una bella donna autoironica ed estremamente professionale, ci ha ammaliati. Nessuno fiatava, mentre leggeva un monologo lirico sul suo lavoro, sulle emozioni e la guerra della traduzione letteraria.
Non sono in grado di sintetizzare, ma vi propongo alcune suggestioni…mutuate dal suo pensiero musicale e sobrio. [Sembra un po’ “love is”]
Un traduttore è:
un traghettatore…
un coautore…
un maestro silenzioso…
un narratore di seconda mano…
Una traduzione è…un fidanzamento di parole.
Quanti e quali aggettivi sareste capaci di attribuire a una traduzione?
Occorre dimenticare la limitante dicotomia infedele/fedele e avventurarsi…anche verso traduzioni “eversive”, per esempio.
“La traduzione mette in luce il sonno della lingua e la agita, la desta” Ezra Pound
Con un accento impeccabile, un po’ di emozione e il ritmo serrato di chi ha molte cose ancora da raccontare ma detesta la prolissità, la Basso ha concluso l’intervento leggendo una poesia di Gerald Hopkins e la sua traduzione di Eugenio Montale.
Vi confesso che in questi giorni l’ho già usata più volte con fini terapeutici.
La fiera un supermercato? Sì, ma anche un incubatore. Simpatiche quelle di Untitled!
Scusate, ho scritto troppo!
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