Così tanti titoli pubblicati! Ma se questo diventasse un fattore di cui essere felici?

Le molte parole spese la scorsa settimana su Repubblica per lamentare la deformazione del mercato editoriale: troppi libri pubblicati, titoli che restano poco sugli scaffali delle librerie, difficoltà di reperire i libri “in catalogo”, anche di grande valore – hanno però trascurato un aspetto che merita considerare, per avere una visione completa della questione.

Si tratta del fatto che, almeno potenzialmente, un maggior numero di titoli pubblicati significa maggiore possibilità di scelta per i lettori; maggiori possibilità degli autori di trovare lettori, magari anche pochi, ma sempre lettori.

Insomma se il sistema editoriale riuscisse a superare alcuni vincoli di scarsità (di spazio sugli scaffali delle librerie, di risorse di distribuzione fisica dei volumi, di capacità di far conoscere i libri di nicchia al proprio pubblico di nicchia) e arrivasse a una soluzione economica nella gestione della stampa e delle tirature (il print-on-demand, magari, o ogni altra forma di stampa e conomica e in numero sufficientemente limitato e “elastico”), se insomma superasse queste diseconomie non credo che il gran numero di titoli dovrebbe essere considerato un problema. Evidentemente la long tail in questo ragionamento ha una certa influenza. Vale però la pena di approfondire, senza drammatizzare l’eccessiva produzione di libri. Magari ci torniamo nei prossimi giorni.

A proposito di long tail e di mercato editoriale: venerdì il nostro blog è stato citato dal sito di Panorama: l’articolo si trova qui.

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7 risposte a “Così tanti titoli pubblicati! Ma se questo diventasse un fattore di cui essere felici?”

  1. Io comincerei dal dato fondamentale che,in genere, un lettore appassionato non contemple mai: i libri, oltre al contenuto, hanno anche un volume ed un peso. Mentre il primo ha bisogno dello spazio mentale, che è abbastanza dilatabile o si augestisce le eliminazioni; i secondi necessitano di spazi reali, fatti di misure geometriche e fisiche. Il che implica che, per quanto ci si industri, dove ci sta un libro non ce ne stanno due o tre. Diciamo che ho scoperto tutto ciò da quando sto tentando di ordinare le scatole di libri ( tante…) che sono in soffitta ( ben restaurata). E per quanto mi dia da fare, davvero, se non tolgo un libro, non riesco a farne entrare un altro ( la casa è già al completo).
    Tutto questo per dire che la distribuzione fisica dei volumi non ha grandi possibilità ” creative”.
    D’ accordo nel non drammatizzare ( prendendo esempio da Marina Forlani), tuttavia non riesco a vedere nel’ eccessiva produzione di libri una vera opportunità.
    Non so, ma l’ impressione è simile a quella della civiltà dell’ informazione : tante informazioni annullano l’ informazione. Mai, come in queste epoca, viviamo di contraddizioni e di ignoranze.
    Non vorrei che la bulimia di libri producesse il suo contrario : tutti scrivono e nessuno più legge.

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  2. *renza, in effetti la premessa del mio ragionamento – l’ho anche scritto – si basa sulla possibilità che il sistema editoriale superi alcuni vincoli di scarsità: come lo spazio sugli scaffali, i costi di distribuzione fisica dei volumi, la possibilità di far incontrare l’offerta di nicchia con la domanda di nicchia (domanda che si crea più facilmente quando c’è un’offerta). Un enorme “SE”, mi rendo conto.
    Al quale si deve aggiungere il superamento dei costi delle tirature tradizionali, con strumenti di stampa più flessibili.
    Alcuni mezzi per superare queste dis-economie ci sono: i casi ci sono ed evidenti, come le grandi librerie on line come Amazon, che possono permettersi cataloghi giganteschi, molto più economici da gestire – anche se, comunque, quel che muovono sono oggetti e quindi, per quanto ridotti, i costi di distribuzione non vengono del tutto annullati; oppure come Alibris che ha creato un enorme cataolgo virtuale delle disponibilità di libri usati di tutte le librerie americane e l’ha collegato proprio al catalogo di Amazon.
    Ma anche le tecnologie di print-on-demand o di stampa in basse tirature, sufficientemente agili da ripetere tirature in caso di successo, per gli autori che trovano udienza presso gli editori; o di autoproduzione (come Lulu – unite a quelle di autopromozione e di promozione per passaparola in rete – dei libri per autori improvvisati.
    Si tratta di soluzioni che aiuterebbero a rendere meno traumatica e asfissiante per il mercato editoriale la produzioni di un gran numero di titoli.
    Certo le scelte di qualità e quelle dettate dalla domanda vanno fatte: nelle biblioteche lo spazio sugli scaffali, così scarso, andrà occupato solo dai volumi di qualità certa e allo stesso tempo “necessari” e da quelli molto letti.
    Nelle librerie generiche, i librai terranno solo i volumi che si vendono in numero sufficiente da rendere “economica” la loro presenza in magazzino: gli altri esisteranno nel catalogo virtuale e saranno procurati (e magari spediti a casa dell’acquirente in pochi giorni, o ore). I librai specializzati avranno una selezione, sempre fatta con i criteri di economicità, solo dei libri in cui sono appunto specializzati.

    Anche il *marketing e la pubblicità* editoriale dovranno superare gli strumenti che di solito usano e che sono pensati per i blockbuster dell’editoria ma poco adatte ai libri di nicchia, dove sono assai più efficaci i metodi cosiddetti “virali”: della stessa famiglia del passaparola che da sempre a un ruolo importante nel successo di un libro.

    Insomma, non sarei così pessimista. E’ certo che se invece il sistema editoriale non riesce ad adeguarsi, tutti i timori sono legittimi.

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  3. Cosa intendiamo quando parliamo di “libro di nicchia”? Ci accordiamo su una definizione (che vi chiedo e non do io) ?

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  4. Mi arrendo, luiginter ! E come potrei tenerti testa? Mi hai fatto intravedere un mondo, davanti al quale non oserei neppure alzare un sopracciglio. Eppure…
    Eppure, malgrado la simpatia che ho per te, non sono ancora convinta.
    Tralascio il discorso sul sistema editoriale, sul quale non saprei cosa opporti, e vado invece ad immaginare questo futuro, in cui tutti i problemi logistici e organizzativi sarebbero superati.
    Allora, fermo restando il fatto che – mi ripeto e mi scuso- lo spazio fisico dei libri non è infinito ( mi ha rincuorato leggere che anche Augias, in una risposta su Repubblica, considerava questo aspetto piuttosto fondamentale), cosa si troverebbe davanti il lettore ?
    Un universo infinito di indicazioni librarie, che- lungi dall’ aiutarlo- lo invischierebbero in una ricerca infinita. E così, cerca e ricerca – come nelle fiabe- assai difficilmente troverebbe il tempo per attuare lo scopo della sua ricerca e cioè ” la lettura”. Immagino una sorta di cammino che non raggiunge la meta. Ora è vero- come dice il poeta- che “il cammino si fa andando”, ma la lettura si fa leggendo e non cercando.
    A meno che non si accetti l’ idea un po’ perversa che domina il mondo attuale in cui i ” saperi” sostituiscono il ” pensiero” ( magari critico) , per cui tutto diventa possesso labile e transitorio.
    Forse sono pessimista ( o apocalittica), ma l’ idea di ignorare qualcosa per dedicarmi a ” trivellare” qualcosa di altro, trovo che sia ancora piuttosto emozionante.

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  5. Sull’argomento tendo un po’ anch’io all’apocalittico, avendo sempre pensato che una falsa abbondanza (quale quella prodotta dalla clonazione di prodotti tutti uguali o quasi) sia uno dei sintomi più evidenti della malattia del nostro sistema editoriale e culturale. La quantità non risolve affatto il problema della necessaria bi(bli)odiversità, anzi tende a ridurla ulteriormente. Tuttavia sono d’accordo con Luigi che, almeno teoricamente, l’accoppiata tra crescita della produzione (di titoli) e nuove tecnologie, potrebbe portare a qualche novità positiva. Internet potrebbe consentire di aggirare il principale fattore di selezione e di numero chiuso (basato sul mercato) che è quello rappresentato dalla distribuzione. Le nuove tecnologie applicate alla editoria hanno abbassato il valore del punto di pareggio, si possono stampare più libri in meno copie e teoricamente la long tail (che abbiamo visto è un punto importante di biodiversità) aumenta. Però ci sono ancora molti vincoli di “scarsità”: il principale è forse quello rappresentato dal tempo, che (soprattutto per i lettori) è sempre di più una risorsa scarsa.

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  6. […] 13th, 2007 by theleeshore Riprendendo un post di circa un mese fa , volevo darvi un po’ di dati sulla vita media di un libro (fonte Editrice […]

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  7. […] siamo sicuri che i lettori apprezzino la long tail? Forse hanno l’impressione che tutta questa possibilità di scelta di libri sia più teorica […]

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