Le molte parole spese la scorsa settimana su Repubblica per lamentare la deformazione del mercato editoriale: troppi libri pubblicati, titoli che restano poco sugli scaffali delle librerie, difficoltà di reperire i libri “in catalogo”, anche di grande valore – hanno però trascurato un aspetto che merita considerare, per avere una visione completa della questione.
Si tratta del fatto che, almeno potenzialmente, un maggior numero di titoli pubblicati significa maggiore possibilità di scelta per i lettori; maggiori possibilità degli autori di trovare lettori, magari anche pochi, ma sempre lettori.
Insomma se il sistema editoriale riuscisse a superare alcuni vincoli di scarsità (di spazio sugli scaffali delle librerie, di risorse di distribuzione fisica dei volumi, di capacità di far conoscere i libri di nicchia al proprio pubblico di nicchia) e arrivasse a una soluzione economica nella gestione della stampa e delle tirature (il print-on-demand, magari, o ogni altra forma di stampa e conomica e in numero sufficientemente limitato e “elastico”), se insomma superasse queste diseconomie non credo che il gran numero di titoli dovrebbe essere considerato un problema. Evidentemente la long tail in questo ragionamento ha una certa influenza. Vale però la pena di approfondire, senza drammatizzare l’eccessiva produzione di libri. Magari ci torniamo nei prossimi giorni.
A proposito di long tail e di mercato editoriale: venerdì il nostro blog è stato citato dal sito di Panorama: l’articolo si trova qui.
Rispondi