Finalmente ho letto *La sottile linea scura* di Joe R. Lansdale, ed. Einaudi, e concordo con chi lo definisce il miglior libro di Lansdale.
Stante che finora mi son sembrati tutti dei capolavori, ho apprezzato soprattutto i romanzi in cui protagonisti erano dei bambini, come in *In fondo alla palude* ed *Echi perduti*.
Ne *La sottile linea scura* la parola è a Stanley, vivace ragazzino di una simpatica ed esemplare famiglia americana del tanto-caro-a-Lansdale Texas Orientale (lo specifico perché mi sembra che ci tenga molto a sottolineare questo orientamente geografico). Anche in questo libro compaiono personaggi esemplari, dal padre idealista padrone di un drive-in, alla madre emancipata, alla sorella adolescente e con gli ormoni in fermento, all’amico di Stanley con una famiglia di disgraziati, a, soprattutto, Buster e Rosy Mae, gli aiutanti di colore della famiglia Mitchell, che danno lo spunto a Lansdale per affrontare gli immancabili problemi razziali. Ma è soprattutto Stanley, con la sua innocenza e il suo *percorso di crescita* da una pagina all’altra del libro, a tenerci incollati a *La sottile linea scura* e a dimenticare questo romanzo difficilmente.
Il risvolto di copertina lo presenta così: “Tra romanzo horror e *Il buio oltre la siepe*, *La sottile linea scura* è la superba conferma della svolta inaugurata da Lansdale con il romanzo *The bottoms*”. Aggiungo io: anche romanzo di formazione e thriller e romanzo d’avventura, e confermo la grande qualità dei libri posteriori a *The bottoms” (in italiano *In fondo alla palude*, ed. Fanucci).
Concludo solo dicendo che Lansdale è figlio di un meccanico analfabeta organizzatore di incontri di wrestling…
*giuliaduepuntozero
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