Eh bien mon prince, Genes et Luques ne sont plus que des apanages, des proprietà, de la famille Bonaparte.
Scordatevi questo incipit. L’editore inglese Harper & Collins ha annunciato una versione “snella” di Guerra e pace (l’articolo è apparso su Repubblica lunedì scorso) per agevolare la lettura (e le vendite). Nello specifico, dalle millequattrocento pagine del capolavoro di Lev Tolstoj si passerebbe a meno di seicento, , eliminando tutte le parti in francese (la lingua internazionale di quel periodo) e i capitoli più strettamente filosofici in cui lo scrittore russo riflette sulla guerra, sul determinismo della storia, sulla fede e sull’amore. Ma c’è di più: Andrej Bolkonskij non muore. Ma entriamo nel dettaglio. Si può leggere questo libro senza pagine come questa:
Ogni volta che vedo il movimento di una locomotiva, odo il fischio, vedo la valvola aprirsi e le ruote girare, ma da questo non ho il diritto di concludere che il fischio e il moto delle ruote sono la causa del movimento della locomotiva. I contadini dicono che a tarda primavera soffia un vento freddo perché si aprono le gemme delle querce, ed effettivamente a primavera soffia un vento freddo quando le querce germogliano; Ma benché la causa del soffiare del vento al tempo del germogliare delle querce mi sia ignota, non posso essere d’accordo con i contadini nel credere che l’aprirsi delle gemme delle querce sia la causa del vento freddo, poiché la forza del vento non è causata dallo schiudersi delle gemme. Vedo soltanto la concomitanza delle condizioni che avvengono in ogni fenomeno della vita; e vedo che per quanta attenzione io ponga nell’osservare la lancetta delle ore, la valvola e le ruote della locomotiva, e la gemma schiusa della quercia, non riesco in nessun modo a conoscere la causa dello scampanare, , del movimento della locomotiva e del vento primaverile. Per questo devo cambiare il mio punto di osservazione e studiare le leggi del movimento, del vapore, della campana e del vento. E lo stesso deve fare la storia.
E ora, via anche le pagine sulla morte di Andrej:
E per la prima volta nella sua vita gli si presentava il pensiero della morte, non più considerato nei suoi riferimenti con le altre persone, non più accompagnato dalla preoccupazione che la sua morte avrebbe prodotto sugli altri: l’idea della morte gli si presentava riferita a sé stesso, alla sua anima. Ed era un’idea chiara, certa, semplice e tremenda. Dall’alto di queste considerazioni, tutto ciò che prima lo tormentava e lo interessava si illuminò ad un tratto di una luce fredda, bianca, senza ombre, senza prospettive, senza contorni definiti. Tutta la vita gli appariva ora come se egli a lungo l’avesse osservata attraverso il vetro di una lanterna magica, alla luce di un’illuminazione artificiale. Improvvisamente la vedeva non più attraverso il vetro dell’illusione, ma alla chiara luce del giorno, e ciò che vedeva erano quadri sbiaditi. “Sì, sì, eccole le immagini menzognere, che per tanto tempo mi hanno agitato, esaltato e tormentato – si diceva svolgendo nella sua immaginazione i quadri principali della sua lanterna magica e guardandoli ora alla luce diurna, fredda e bianca del chiaro pensiero della morte.
E allora va bene, facciamo invecchiare Emma insieme a Charles Bovary, cancelliamo i sogni di Don Chisciotte, riconduciamo Raskolnikov a più miti pensieri, impediamo il suicidio di Lucien De Rubempré e gli altri aggiungeteli voi… Siete d’accordo?
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