Messaggio di Umberto T.
infatti un film basato su un’opera narrativa, quando è un film riuscito, è un’opera nuova, non è una traduzione. Potrà seguire con fedeltà l’intreccio, ma il risultato sarà un’opera nuova.
Benedetto Croce sosteneva che una traduzione può essere: fedele, e quindi brutta; bella, e quindi infedele.
Ci sono anche traduzioni che possono essere considerate un’opera nuova: pensate all’Iliade “di” Vincenzo Monti.
Credo che la forza estetica del romanzo (e di qualunque opera espressiva) si trovi nel suo stile, ovvero nella realizzazione attraverso la scrittura -o attraverso il disegno, le note musicali ecc- delle idee, della sensibilità dell’autore. L’arte sta proprio qui: nella capacità di realizzare pensieri, sentimenti, emozioni per mezzo di una “tecnica”. Il risultato finale, partendo dai pensieri, emozioni ecc. espressi attraverso una tecnica, è lo stile. Certo, si può raccontare un romanzo, un film, un quadro, persino una sinfonia; il racconto sarà efficace se il narratore “adoprerà” l’oggetto del racconto per esprimere qualcosa di suo, qualcosa che, ovviamente, non sarà mai l’oggetto originale. Ma la ragione del raccontare non sta certo nel ripetere con esattezza scientifica un oggetto; se questo fosse lo scopo, sarebbe meglio che ognuno si leggesse il romanzo, si vedesse il film; la ragione del raccontare qualcosa, anche non originale, è un modo straordinario per esprimere se stessi, per comunicare se stessi. Raccontando qualcosa -che ci ha interessato, incuriosito, colpito- noi realizziamo noi stessi e “parliamo” agli altri.
Se invece privilegiamo la conoscenza del testo (romanzo, film ecc.), allora il racconto fornirà un’immagine limitata, insufficiente; la conoscenza del testo ha bisogno di una lettura critica, che riduca la soggettività del lettore e aumenti la possibilità di capire lo stile.
Umberto Tabarelli
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