Da un po’ penso che si potrebbe organizzare un *gruppo di lettura sul racconto*. Lo penso come un gruppo online (ma disponibile a fare qualche puntata in presenza, se necessario) che legge un solo racconto breve. Lo si sceglie di volta in volta e si discute in massimo quaranta minuti. Ogni due mesi. Potremmo incominciare in estate. Qualcuno è interessato? Se interessa ne riparliamo presto.
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Oggi, 16 aprile 2025, sono esattamente 50 anni che Claudio Varalli venne assassinato da un neofascista in Piazza Cavour a Milano. Qualche anno fa ho provato a raccontare dal mio punto di osservazione (allora non avevo ancora 15 anni) quei giorni.
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La morte di Mario Vargas Llosa, grandissimo romanziere, premio Nobel, controversa figura politica, è stata la notizia della settimana. Sono usciti articoli e obituary ovunque. Il Gdl Grandi libri alcuni anni fa (dicembre 2021) lesse Conversazione nella «Catedral» (1969), secondo molti critici il suo libro più bello. Carlos Fuentes ha inserito Conversacion nel suo canone dei migliori romanzi latino-americani del XX secolo. Avevo letto in precedenza parecchi suoi lavori ma certo la Conversazione ha un piglio incontenibile, una struttura labirintica, un gioco col tempo e le luci e ombre dei personaggi che lasciano meravigliati e stupefatti. Di Vargas Llosa ricordo poi soprattutto, con grande affetto, anche perché lettura giovanile rivelatrice, La guerra della fine del mondo (1981), narrazione epica di una rivolta nel Sertão brasiliano; e Il sogno del Celta, romanzo biografia di Roger Casement, irlandese (nacque a Sandycove, alle porte di Dublino, dove ancora si trova la modesta casa della sua famiglia) che denunciò gli orrori del colonialismo europeo, dal Congo al Sudamerica e finì la sua vita nel 1916 nelle mani del boia britannico, dopo l’Easter Rising, per il suo coinvolgimento in un tentativo di importazione di armi per i ribelli irlandesi. Di Roger Casement scrive anche W.G. Sebald in Gli anelli di Saturno libro per il quale non mi stanco di proporre l’idea di fare un gruppo di lettura (e di rilettura) dedicato. Casement è sepolto a Glasnevin.
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Per motivi diversi mi è ricapitato per le mani il libro dalle molte facce e risvolti antropologici, culturali, psicologici, artistici e letterari, The Gift, di Lewis Hyde, pubblicato nel 1979 ma ripetutamente rieditato perché gode sempre di una certa risonanza fra scrittori, artisti, intellettuali. Ha una vena politica e anticapitalista di fondo nel valutare le opere d’arte e in generale i lavori creativi, anche artigianali, come un dono per le comunità grandi e piccole nelle quali e dalle quali sono generate.
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A un certo momento in queste settimane ho ricordato (scoperto?) che Lindau nel 2024 ha pubblicato I Remember (Mi ricordo, traduzione di Thais Siciliano, Susanna Basso) l’incredibile memoir di Joe Brainard (1942-1994), poeta e artista che nei primi anni ’70 scrive un “pezzo”, come lo chiama lui, in cui ricorda persone, eventi della sua vita ma anche dell’immaginario collettivo, sensazioni, idee, pensieri, cose, sapori.
Per esempio:
I remember light green notebook paper (better for your eyes then white).
I remember that the minister’s son was wild.
I remember bubble gum. Bubble big bubbles. And trying to get bubble gum out of my hair.
I remember the Liz-Eddie-Debbie sandal.
I remember trying to figure out what it’all about (Life).
Certo può sembrare noioso (non lo è), non è lungo (176 pp. nella traduzione), è scritto da un poeta. L’edizione pubblicata da Lindau ha una commovente prefazione di Paul Auster. Inoltre, può essere un grande spunto, idea per provare a fare la stessa cosa. Il risultato sarà diverso ma sarà un gran regalo per chi ci prova e, credo, anche per chi proverà a leggere ciò che scriveremo nel nostro “Mi ricordo”.
Questo uno stralcio della lettera che Barnard scrisse a un amico mentre ci lavorava:
“I am way, way up these days over a piece I am still writing called I Remember. I feel very much like God writing the Bible. I mean, I feel I am not really writing it but that it is because of me that it is being written. I also feel that it is about everybody else as much as it is about me. And that pleases me.”
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Nella foto: Joe Brainard, Wikimedia Commons

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