Riconoscere l’autore implicito ci rende lettori migliori

E ci fa più creativi quando decidiamo di raccontarci

Horse and Train, Alex Colville, 1954

E ci fa più creativi quando decidiamo di raccontarci

Vorrei discutere dell’uso che possiamo fare di una nota categoria della narratologia, l’autore implicito. Può aiutarci a comprendere meglio le opere che leggiamo, a non confondere chi scrive con la persona che l’autore crea e stacca da sé per affidargli il disegno dell’opera. Ma può servirci anche quando decidiamo di raccontarci e di dare forma a un racconto dietro il quale c’è un sé che sperimenta una personalità diversa da quella che crediamo di aver interpretato fino a quel momento.

L’OPERA ENTRA NELLA VITA DEL LETTORE
Sappiamo che l’opera letteraria entra  – in modi diversi – nella vita personale dei lettori. Ne abbiamo parlato più volte. È una delle fenomenologie di lettura più diffuse, almeno a giudicare da quanto avviene nei gruppi di lettura (ha anche a che fare con la rifigurazione dell’opera letteraria da parte del lettore della quale ha scritto a lungo Paul Ricoeur).

L’AUTONOMIA DELL’OPERA VACILLA
Il tema è riemerso in queste pagine quando abbiamo considerato la questione di Alice Munro, dei suoi racconti e della vicenda della figlia Andrea che subì le molestie sessuali da parte del secondo marito della scrittrice: parlandone abbiamo ribadito l’importanza dell’autonomia semantica dell’opera.  Vale a dire: nel leggere i racconti non dovremmo occuparci della biografia dell’autrice. Il testo dovrebbe aver in sé tutte le componenti per sprigionare la sua forza artistica. Invece l’autonomia dell’opera sembra vacillare quando ci ritroviamo con libri e racconti che  diventano nostri compagni di vita, per così dire.

(Ribadiamo: diverso è il ragionamento a proposito del tessuto di letture e di riferimenti che ogni scrittore ha e che, per molti versi, finisce per offrire una prospettiva significativa su ciò che ha scritto.)


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SÉ MULTIPLI
La psicanalista Costanza Jesurum su Snaporaz ha scritto che “il problema psicologico del lettore non riguarda tanto la separazione della vita dell’autore dalla sua opera, ma la separazione dell’opera dalla propria vita personale, e a ricasco, per una specie di gioco di specchi di marca emotiva, […] la separazione dell’opera anche dalla vita dell’autore.” Il romanziere, continua Jesurum, nella fruizione di tanti lettori di romanzi, assume una funzione interna. Con un buon racconto “spesso le persone capiscono cose che poi utilizzano nella vita, a volte intuendo correttamente l’interpretazione morale dell’autore, con la sua funzione strutturante […], a volte attribuendo una sanzione morale che magari quell’autore, nella sua descrizione lucida e spietata di una certa successione di eventi, non aveva intenzione di pronunciare. Ce la mette il lettore. Pensando che se quella trama è stata raccontata in quel modo era perché si voleva suscitare una reazione di scandalo, un’indignazione di qualche tipo”.

Jesurum fa appello anche alla teoria delle identità multiple, di cui tutti siamo composti. A volte gli scrittori danno la parola a uno dei loro Sé minoritari, fastidioso o scorbutico; si affidano a una penna che abitualmente combatte dentro la loro personalità multipla senza però prevalere; in alcuni racconti la lasciano prevalere. Lo scrittore è l’insieme di questi Sé ma il lettore, dice ancora Jesurum, tende ad assolutizzare quell’esperienza di racconto da parte di un Sé abitualmente minoritario e silenzioso; il lettore pensa quindi che lo “scrittore sia quella cosa lì, che viva in quel modo di raccontare lì, con certi giudizi di valore che sembra aver messo in campo in quel romanzo, o in quella serie di romanzi”. Invece, “l’opera di un autore non coincide con la sua totalità psichica, anche se non possiamo dire che gli sia completamente estranea. L’opera di un autore è una sua parte con cui noi ci sintonizziamo, la manifestazione di una delle sue possibili visioni del mondo, che ci aiuterà a costruire quella che noi sceglieremo come vincitore”.

È una interpretazione piuttosto stimolante. Sta dentro il quadro di un’analisi psicologica alla quale forse possiamo affiancare un’analisi in linea con le teorie della narratologia e della lettura, in particolare con alcune idee sulle diverse voci dentro i racconti, e sull’istanza autoriale prevalente, quella dell’autore implicito (dunque non dell’autore in carne e ossa)

L’AUTORE IMPLICITO, DENTRO IL TESTO
Il lettore che accoglie nella sua vita un romanzo o un racconto a volte diventa dunque insofferente dell’autonomia semantica del testo. Perché si trova nella cornice costituita dalla sua personale ricezione dell’opera – spesso condivisa con altri lettori – che identifica la voce che racconta con la voce dell’autore; anzi a volte addirittura identifica la voce di un personaggio con la voce dell’autore reale. Vengono così cancellate le preziose distinzioni individuate dalla narratologia. 

Esse per esempio ci aiutano a:

– individuare la voce del narratore, 

– che è diversa dal lavoro dell’autore implicito (implicato secondo alcune traduzioni) 

– che a sua volta è altro dall’autore vero e proprio

quest’ultimo è collocato fuori dai confini del testo, mentre narratore e autore implicito sono interni al quadro del testo.


Lo schema di tutto ciò è questo:

| Autore reale → [autore implicito → (Narratore) → (Narratario) → lettore implicito] → Lettore reale|


CHE COS’È L’AUTORE IMPLICITO
L’autore implicito, come ha scritto Seymour Chatman, non è il narratore, ma “è il principio che ha inventato il narratore insieme a tutto il resto della narrazione”. Deve essere “ricostruito dal lettore per mezzo della narrazione“. Non ha voce, dice Chatman, non ha mezzi diretti di comunicazione. Ci istruisce in silenzio, “attraverso il disegno del tutto con tutte le voci, con tutti i mezzi che ha scelto per farci apprendere”. [Seymour Chatman, Storia e discorso. La struttura narrativa nel romanzo e nel film, Pratiche, 1981].

Non a caso uno studioso come Wayne Booth, che è colui che ha inventato il concetto, ha chiamato il narratore implicito second self dello scrittore, e altri studiosi lo definiscono alter ego dell’autore. In un certo senso potremmo anche, come fa Paul Ricoeur, accostare il concetto di autore implicito alla nozione di stile di un’opera, tenuto conto che ogni opera dello stesso autore può avere uno stile differente.

L’ACCETTAZIONE DELL’UNIVERSO DELL’AUTORE IMPLICITO È ESTETICA NON ETICA
Per coglierne la portata, basterebbe confrontare opere diverse di uno stesso autore per scoprire in esse autori impliciti diversi. Per esempio, l’autore implicito (estremamente reazionario) di L’agente segreto di Conrad è diverso dall’autore implicito di Lord Jim. Chatman sottolinea che “il nostro sistema morale non può essere realmente ‘sedotto’ dalla scaltrezza di un autore implicito. L’accettazione del suo universo è estetica, non etica”.

Insomma, la fenomenologia di lettura che scambia l’autore implicito con l’autore reale è il tipo di lettura che rischia di trascinare la faccenda di Munro e della figlia dentro i racconti della scrittrice canadese. In questo caso si finirà con il leggere in ogni riga l’eco della vita dell’autrice e di giudicare alcuni personaggi come se li giudicasse l’autrice reale (e non l’autrice implicita).

POSSIBILI ESPERIMENTI NARRATIVI PER SCRITTURE AUTOBIOGRAFICHE
D’altra parte, la consapevolezza del ruolo dell’autore implicito e l’idea che potrebbe essere considerato come uno dei molteplici sé dell’autore reale aprono in effetti una serie di possibili esperimenti narrativi da parte di chi chi vuole scrivere in modo autobiografico, senza curarsi troppo di stipulare e rispettare un patto autobiografico con il lettore. Torneremo fra un po’ su questi possibili esperimenti.


Immagine: Horse and Train, Alex Colville, 1954 – Wikiart


Commenti

3 risposte a “Riconoscere l’autore implicito ci rende lettori migliori”

  1. Avatar “Il gorgo” di Beppe Fenoglio – GRUPPO DI LETTURA

    […] Leggi anche: Riconoscere l’autore implicito ci rende lettori migliori […]

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  2. Avatar Gli eteronimi di Pessoa come modelli di scrittura – GRUPPO DI LETTURA

    […] Se i lettori che provano a raccontarsi creano alcune versioni differenti di sé, intenti a scrivere e a volte a fingere, e attraverso gradi imprevisti di finzione, svelandosi meglio di quando scrivono ciò che pensano sia vero. Ne avevamo parlato, in modo diverso anche qui: Riconoscere l’autore implicito ci rende lettori migliori. […]

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  3. Avatar Gli animali di Cortázar – GRUPPO DI LETTURA

    […] fatti di altri racconti che gli sono vicini per tempo di composizione, per tema, per stile, autore implicito o tipo di narratore?Ricordiamo anche che la prima raccolta di racconti di Cortázar si intitolava, […]

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