L’esercizio di scrittura che mi propose Artemio era semplice.
Ci sono due personaggi, A e B, fra loro sconosciuti, che transitano in un parco e vedono simultaneamente, anche se da posizioni differenti, una coppia che sta litigando: sono una giovane donna e un uomo, anch’egli giovane ma stravolto da un tormento evidente.
L’esercizio prevede di immaginare i pensieri di ciascuno dei due personaggi e il dialogo della coppia, alternando nello scritto il flusso di coscienza di A e B, e il dialogo della coppia. Il flusso di coscienza di A e B li porta indietro e avanti nel tempo, rivivono momenti delle proprie vite, li analizzano, fanno considerazioni; sono pensieri relativi a avvenimenti e incontri che hanno segnato le rispettive esistenze. Sono percorsi che però non si sono mai intersecati prima. Ora però il dialogo rabbioso della coppia è come se li unisse. Ascoltano contemporaneamente la fine di un’amore che forse non è mai stato, il naufragio nervoso dell’uomo, un reduce di guerra.
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Così nel presente del racconto, la scena davanti alla fontana, mentre il flusso di coscienza di A e B è disturbato dal litigio, i loro pensieri – per così dire – si confrontano davanti a chi legge o ascolta. L’interesse per quella coppia, l’ascolto delle loro disperate accuse reciproche, suggerisce un possibile incontro, uno svelarsi dei due personaggi.
Anche uno svelarsi reciproco?
Artemio mi disse che nel proporre l’esercizio si era evidentemente ispirato a Mrs Dalloway di Virginia Woolf e che avrei dovuto usare dialoghi e flussi di coscienza per immaginare un racconto contemporaneo.

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