Lo scorso settembre un amico che lavora a Venezia mi ha invitato a vedere la Biennale Arte insieme a un suo conoscente, un uomo sui sessantacinque che di lavoro fa la guida free lance per i turisti ed è da molti anni (così ha detto) un insider del mondo dell’arte contemporanea.
In effetti, è uno che alle nostre orecchie e ai nostri occhi interessati ma un po’ esterni, solo spettatori di quel mondo, è apparso uno che ne sa. Tra le tante cose dette – molte assai interessanti e utili per capire cosa ci si trovava davanti, altre che suonavano come spacconate divertenti – questa guida ci ha intrattenuto alcuni minuti per esprimere i suoi giudizi sferzanti sull’«arte della didascalia nelle mostre d’arte».
La sua tesi era, riassumo, che le didascalie alla Biennale erano piuttosto approssimative e troppo lunghe (io avevo appena finito di dire che mi sembravano utili e ben fatte, almeno per un profano); contorno della sua tesi è che in generale in Italia musei e mostre hanno, salvo poche eccezioni, pessime didascalie. In particolare si era accanito sulle nuove didascalie d’autore a Brera; quelle affidate a scrittori, brevi testi che prendono l’opera di taglio, e la interpretano non da specialisti ma da osservatori attenti (a me affascinano) e che affiancano le didascalie istituzionali sull’opera.
Quando ho letto l’articolo di Vincenzo Trione sullo Lettura del Corriere di domenica 20 agosto, «Salvate le didascalie», ho pensato subito alla nostra guida alla Biennale e con sollievo al fatto che Trione la pensasse in modo che sentivo vicino. Trione ovviamente ha argomentato molto meglio e con molti più contenuti di me.
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Ora vi copio il decalogo che Trione ha scritto su come dovrebbero essere le didascalie in musei e mostre. Mi sembra una buona griglia.
Prima però volevo cogliere il suo suggerimento di considerare le didascalie in modo non diverso dalle «soglie» studiate da Gérard Genette (Soglie, Einaudi 1989). Le soglie sono, in sostanza, i paratesti.
Spiega la quarta del volume Einaudi:
«Un’opera letteraria è sostanzialmente costituita di un testo, ossia di una serie piú o meno lunga di enunciati verbali dotati di significato. Molto raramente, tuttavia, il testo si presenta nella sua nudità, senza il supporto di un certo numero di produzioni, verbali e non verbali, che lo contornano, lo presentano, fanno di esso un «libro». Sono queste produzioni – prefazioni, dediche, copertina, scelte tipografiche, ecc. – ciò che costituisce il paratesto, l’area di transizione tra il dentro e il fuori, la soglia, insomma, del testo letterario. Quest’apparato, troppo visibile per essere percepito, agisce in parte all’insaputa del destinatario. E tuttavia il suo apporto è spesso rilevante: come leggeremmo l’Ulysses se non si intitolasse Ulysses? Questo studio, il primo dedicato al complesso di una pratica tanto rilevante nel mondo delle lettere, vuole essere un’introduzione, ma al contempo un’esortazione a considerare più da vicino ciò che regola nascostamente le nostre letture. Una soglia, del resto, può essere solo attraversata.»
Queste soglie, che possono solo essere attraversate, sono forse ciò che ci manca in alcune relazioni quotidiane, con persone note, sconosciute, amate o detestate, con le quali finiamo, per così dire, direttamente dentro il testo, senza quel che segna i confini, che offre un titolo, una dedica, una copertina, una introduzione o una prefazione o anche solo una didascalia. La mancanza di soglie nella vita quotidiana può forse spiegare la nostra difficoltà estrema nello spiegarci, nell’accogliere, nell’ascoltare davvero. Perché le soglie potrebbero essere proprio ciò che ci fa dialogare ma che allo stesso tempo ci fa essere plurali e diversi perché ci separa, (un po’ come il tavolo di cui scriveva Hannah Arendt).
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Ecco il decalogo di Trione sulle didascalie:
1) Le didascalie devono essere scritte direttamente dal curatore del museo o della mostra, pensando al pubblico e non a qualche collega (hanno la stessa importanza del saggio introduttivo di un catalogo;
2) le didascalie devono essere rigorose e documentate;
3) le didascalie devono essere redatte in una prosa piana e semplice;
4) le didascalie devono essere precise nelle informazioni (nome e cognome dell’artista, luogo e data di nascita, titolo e data dell’opera, misure, tecnica utilizzata, provenienza);
5) le didascalie devono prevedere anche parti narrative;
6) le didascalie devono essere capaci di svelare alcuni segreti di una determinata opera; le relazioni dell’artista con l’ambiente sociale dentro cui quell’opera è stata realizzata; i rimandi storico-artistici e culturali sottesi; le caratteristiche stilistiche;
7) le didascalie devono essere ben visibili, accanto all’opera;
8) le didascalie devono essere stampate in un corpo tipografico leggibile;
9) le didascalie devono essere correttamente illuminate;
10) le didascalie devono essere integrate da Qrcode, che permettano di accedere ad apparati testuali e visivi, per ulteriori approfondimenti,

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