Kaoru Kawano- Bambino con la maschera. 1955 - Wikiart

Che cosa dicono e cosa non dicono i successi dei saloni del libro

Ora che il Salone internazionale del libro di Torino ha la nuova direttrice possiamo, con calma, chiederci quale sia il senso di questi “eventi” (riflessione che vorrebbe guardare avanti)

Annalena Benini sarà dunque la direttrice del Salone del libro di Torino per il triennio 2024-2026. Giornalista culturale per “Il Foglio” e autrice di un romanzo, Annalena, Einaudi, 2023 (non autobiografico, è un’altra Annalena quella che Benini ci racconta) la sua nomina ha sorpreso gli osservatori delle questioni editoriali e di quelle torinesi.

Secondo Claudia Luise  – “La Stampa” del 4 aprile –  la scelta di Benini è «il frutto di equilibrismi politici gestiti dal sindaco di Torino Stefano Lo Russo (Pd) e dal presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio (Fi). Con il parere positivo del socio privato della kermesse, il presidente dell’associazione “Torino, la Città del Libro”, Silvio Viale. E con il placet decisivo del ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano.»

Il Salone di Torino del 2023 (18-22 maggio) sarà invece l’ultimo guidato da Nicola Lagioia (anch’egli scrittore della scuderia dello Struzzo). Benini potrà usare questi mesi per affiancare Lagioia, conoscere la macchina del Salone e prepararsi al lavoro dei prossimi tre anni.

La questione della direzione aveva turbato in questi mesi i sonni degli attori istituzionali che governano il Salone di Torino,dopo la clamorosa rinuncia di Paolo Giordano che aveva denunciato un commissariamento di fatto da parte di «esponenti del mondo culturale conservatore che Sangiuliano avrebbe voluto inserire nel Comitato editoriale» (citiamo ancora la cronaca di Luise).

Mentre aspettiamo l’edizione di quest’anno – tema: Attraverso lo specchio –  dovremmo riflettere su cosa sia diventato il Salone Internazionale del libro di Torino, cosa rappresenti per i lettori, gli scrittori, i traduttori, gli editori, gli editor, i librai, i bibliotecari e per tutte le componenti della cosiddetta filiera del libro. Domandarci quale sia il senso di una kermesse così imponente, oltre alle ovvie ricadute di mercato e alla sensazione innegabile, almeno per noi, di trovarsi in un’enorme libreria che concentra in qualche giorno una quantità travolgente di eventi. Il tutto segnato dall’inconfondibile sensazione dell’egemonia degli uffici marketing delle grandi case editrici su tutto il mercato del libro e, di riflesso, su buona parte del mondo della lettura (che ovviamente non si esaurisce nel mercato).

Riflessione che dovrebbe essere estesa in generale al sistema dei festival dedicati ai libri che ormai riempiono il calendario di lettori, scrittori, e, soprattutto, degli editori.

Nel 2022 i visitatori al Salone di Torino sono stati 168mila, decine gli eventi – non tutti imperdibili – molti dei quali con posti esauriti e lettori delusi rimasti fuori. Una prova di forza e di successo. 

Ma bastano i dati di partecipazione ai festival per capire lo stato di salute della fruizione e uso della cultura in Italia?
Dovremmo aggiungere alla lista dei festival, i dati sulla lettura (la cui interpretazione è sempre un po’ controversa) i dati sui prestiti delle biblioteche e i loro orari di apertura; la nascita e la fioritura dei gruppi di lettura e degli altri fenomeni di attivismo e partecipazione pubblica di chi legge. E soprattutto servono inchieste e analisi qualitative nelle città, nei centri periferici e in provincia, al Nord, al Centro e al Sud, sull’esperienza di uso (e consumo) della lettura nella vita dei singoli lettori e delle comunità.

[L’immagine: Kaoru Kawano- Bambino con la maschera. 1955 – Wikiart]

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