Elogio di una collana dell’editore leccese Pensa Multimedia
Segnalo una collana molto interessante e in linea con molte delle questioni delle quali ci occupiamo qui su gruppodilettura, in particolare quelle relative alla dialogicità e inclusività dei gruppi di lettura. Si chiama “Pratiche dialogiche” dell’editore leccese Pensa Multimedia. Per ora sono usciti due titoli: Del dialogo nella complessità di Miguel Benasayag e Teodoro Cohen (2022, 144 pagine), e Dialogo cinema e letteratura di Riccardo Mazzeo e Nina Harriet Saarinen (162 pagine, 2022).
Come spiega su Doppiozero, Giuliano Geri (Elogio del dialogo), Nina Harriet Saarinen, è “allieva dei due fondatori del metodo noto come ‘approccio dialogico’, il sociologo Tom Arnkil e lo psicoterapeuta Jaakko Seikkula. Introdotto oltre tre decenni fa in Finlandia, e fondato sull’assoluta efficacia terapeutica dell’ascolto e del dialogo, tale modello è attualmente adottato a livello internazionale non solo in campo clinico, ma anche dalle agenzie educative, nei servizi sociali e nelle governance locali”.
Spiega il direttore della collana, Riccardo Mazzeo, sul sito di Pensa Multimedia che questa “iniziativa ha perlomeno due radici potenti. La prima viene dalla Finlandia, dove due esperti di salute mentale e di disagio sociale, Jaakko Seikkula e Tom Arnkil, negli ultimi decenni hanno dimostrato che casi ritenuti irredimibili potevano essere risolti grazie all’approccio dialogico, senza farmaci né terapie individuali, semplicemente facendo dialogare gruppi di persone che “scoprivano” così fonti di malessere fino allora restate sottotraccia.
La seconda viene dal mio maestro di conoscenza e di vita Zygmunt Bauman, che negli ultimi anni scrisse numerosi libri in dialogo con altri autori, due dei quali con me. Bauman ha mostrato i pericoli che corre la nostra società in cui le diverse discipline hanno smesso di comunicare tra loro mentre hanno più che mai bisogno l’una dell’altra, superando la spocchia e il ripiegamento nella propria torre d’avorio autoreferenziale: la letteratura con la sociologia, il cinema con la psicologia, per esempio, allargano la prospettiva e rendono più consapevoli e più capaci di pensare criticamente.
Io stesso, seguendo il suo esempio, ho scritto libri con un filosofo che condannava l’atteggiamento di Israele lesivo nei confronti dei palestinesi, con una filosofa che si sarebbe trasferita volentieri in Israele, con un filosofo musulmano illuminato, con un rivoluzionario argentino lucidissimo rispetto all’omogeneizzazione algoritmica del mondo. Se non ci si confronta con punti di vista diversi ci si tribalizza come troppo spesso avviene nella palude monocorde dei social, tanto colorati quanto vuoti.
Ecco quindi una collana che desidera calare i discorsi disciplinari asettici e svuotati di immaginazione in pratiche vive, pulsanti, conflittuali e al tempo stesso aperte: il dialogo interreligioso, il dialogo interetnico eccetera, conferendo alle discipline la porosità necessaria per tentare di scoprire nuovi modi più fertili per migliorare il mondo in cui viviamo.
Il libro di Benasayag (filosofo noto in Italia soprattutto per L’epoca delle passioni tristi, scritto con Gérard Schmit, Feltrinelli 2007) e Cohen ci invita a non idealizzare in astratto il dialogo e a considerarlo sempre nel quadro di relazioni complesse, spesso diseguali e conflittuali.
Questa la scheda dell’editore:
In un mondo e in una realtà sempre più minacciosi e angoscianti, le incoerenze, le minacce, i conflitti e un certo livello di barbarie e violenza possono apparire agli occhi dei nostri contemporanei come una mancanza di razionalità e saggezza, come un errore da correggere. Ecco che spontaneamente sembra sorgere l’idea di un dialogo possibile come via da seguire per risolvere i problemi e le opposizioni e abbracciare una certa saggezza. Quando A si scontra con B, c’è sempre un C pronto a suggerire: “se invece di scontrarvi, dialogaste?”. Il dialogo sembra essere con una certa evidenza il miglior modo, quando possibile, di affrontare le situazioni anche meno piacevoli. Se solo le persone fossero abbastanza razionali per capirlo… Ma forse esso non rappresenta in maniera così chiara e semplice la panacea che vogliamo che sia. Dialogare significa già, per chi dialoga, accettare una norma, che spesso è la norma di uno dei due dialoganti. Il dialogo presuppone inoltre l’esistenza di una razionalità comune a tutti, che sottostà ai conflitti e agli scontri, che sia raggiungibile rispettando determinate condizioni. Anche questa convinzione, illusoria ma comprensibile, è lontana dal costituire una realtà e un’evidenza. Gli autori, lontani tra loro per età ma vicini per le posizioni filosofiche che sviluppano, tentano in questo breve saggio di analizzare in modo critico ma non ironico i limiti e i possibili del dialogo all’interno della conflittualità propria dell’esistenza e a ogni livello, sia esso individuale o sociale. Una critica che non significa in alcun modo un rifiuto della possibilità di stabilire legami ma un tentativo di definire le condizioni necessarie allo sviluppo degli stessi, che spesso prescindono dal dialogo o addirittura lo rifiutano.
Dialogo cinema e letteratura di Riccardo Mazzeo (che è anche il direttore della collana) e Nina Harriet Saarinen così viene presentato sul sito di Pensa Multimedia:
Questo libro nasce dall’incontro di due saperi e di due prospettive che provano a sintonizzarsi: da un lato la massima esperta in Italia del fruttuosissimo approccio dialogico, ormai adottato universalmente dal governo finlandese e sempre più apprezzato in Italia da diverse regioni e università; dall’altro un innamorato del cinema e della letteratura che, pur avvezzo alla psicoanalisi lacaniana e alla ricerca sociologica, crede fermamente nel dialogo e negli apporti inestimabili che cinema e letteratura possono offrirgli. Ne scaturisce un caleidoscopio di pellicole e romanzi in cui si innestano i temi più scottanti e urgenti della nostra contemporaneità: dall’identificazione che sta sostituendo l’identità (nella smania di aderire a modelli in continua modificazione), al bisogno di appartenenza che si scontra con un’incontinenza di tempi e di luoghi che fa tremare la terra sotto i piedi; dall’impossibilità di elaborare i lutti che tutti ci toccano di tanto in tanto (e che creano nell’animo avvitamenti micidiali alla base dei sempre più numerosi attacchi di panico, depressioni e altri disagi in costante aumento), all’erosione del senso di colpa che un tempo era fondamentale per la sussistenza della comunità mentre ora prevale la frustrazione di non sentirsi all’altezza delle performance e del fulgore richiesti dalla società individualizzata della seduzione in cui viviamo. Cinema e letteratura diventano allora intercessori preziosi per scoprire, attraverso l’identificazione con i personaggi e la messa a fuoco delle situazioni, qualcosa di sé e degli altri che rimarrebbe celato limitandosi a restare seduti nello stagno della propria comfort zone dove si perdono l’analisi, l’elaborazione, le parole stesse, sempre più ridotte, senza le quali non si può sviluppare neppure il pensiero.
(Illustrazione: George Stefanescu, Dialog, Wikiart)
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