Ma che cos’è un Gruppo di lettura fluido? Che specie di metafora è mai?

Mi piacerebbe provare un gruppo di lettura disperso per la città. Un gruppo che si aggreghi nei bar, agli angoli della strade; che organizzi incontri nei parchi, sulle panchine. Che si apra e tracci un cerchio di inclusione ideale: semplice da superare in ingresso e poi in uscita.
Sì insomma, quasi un Gdl modello. Per parlare dei libri che leggiamo e che vorremmo leggere. Senza caricare gli incontri di organizzazione. Per diventare quasi un esempio di interazione gratuita, disponibile, simbolo della lettura anche come dono ai nostri simili.
Eppure la faccenda ovviamente è più complicata. I gruppi tendono a cercare un equilibrio di assestamento. Provano a darsi cornici che li identifichino chiaramente; spostano l’attenzione sulla permanenza più che sull’apertura. Naturale istinto di sopravvivenza viene quasi da dire.
Senza il quale si sfilaccerebbe, forse.
Purtroppo però, questo istinto porta a una certa rigidità. Dalla quale deriva (azzardo?) il proliferare di gruppi ben chiusi dentro un programma annuale, con i coordinatori che fissano la scaletta delle letture, presentano il libro, preparano e conducono la discussione.
Viene quasi da invidiare quei depliant stampati in gennaio nei quali sono fissati gli appuntamenti dei vari gruppi di certe biblioteche. Non si può sbagliare.
Invece no. Vorrei salvare un po’ di disordine per i gruppi di lettura, un po’ di forza per uscire, sperimentare luoghi e forme. A costo di rischiare l’implosione. O no?
Gruppo di lettura in un Bar
Si potrebbe davvero sperimentare un gruppo di lettura in un Bar, in un Pub. Dandosi appuntamento come se si fosse tra semplici amici, e poi, discutere e “mostrare” il gruppo, invitando, chi si mostra interessato, ad ascoltare, a intervenire magari.
Ripetere periodicamente un incontro di 5-6 persone, potrebbe dar corpo a questo gruppo provvisorio, leggero. Lasciando via via segni. Segni di scrittura in sintesi di quel che si è detto. Segni di appuntamenti successivi.
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