
E’ notte, e fa un freddo cane, all’inizio del libro. Frank, il narratore, è ubriaco, steso sul letto della sua camera di motel, quando un uccello _un’anatra, a sentir lui_ si schianta contro la sua finestra, rompendola. Frank si sveglia, più o meno, compatibilmente con la sbronza, giusto in tempo per l’arrivo del fratello maggiore, Jerry Lee, che porta la notizia che cambierà la loro vita: ubriaco, reduce da una litigata con la sua pseudo-ragazza, mentre a gran velocità attraversava le strade innevate di Reno, Nevada, un ragazzino in bici gli è sbucato di fronte e bang, l’ha centrato in pieno, uccidendolo. Il corpo del ragazzino, ora, è nella sua Dodge.
Inizia così *The Motel Life* di Willy Vlautin, la storia di due fratelli, sfortunati, come ripetono più volte loro stessi, ma che in fondo vogliono solo costruirsi una loro vita, nonostante tutte le difficoltà. Padre dedito al gioco, scomparso dalla loro vita quando erano ancora bambini, dopo un soggiorno in galera; madre morta di tumore quando sono ancora minorenni. Costantemente con una birra in mano, lavori che vanno e vengono _ma più spesso vanno_. Vivono fra una stanza di motel e l’altra, entrano ed escono da bar, casinò e ricevitorie di scommesse. Ragazze che più che fidanzate sono prostitute, soldi che sono sempre contatissimi.
Però hanno il dono della narrazione, Frank _racconti brevi e divertenti, su richiesta, per il fratello_ e del disegno, Jerry Lee, ma soprattutto hanno un senso fraterno e dell’amicizia smisurato: per aiutare un amico in difficoltà rimangono senza soldi, Frank abbandona tutto per fuggire con Jerry Lee, nonostante il fratello abbia commesso un reato, regala un terzo di tutti i suoi soldi alla famiglia del ragazzino ucciso, e l’altro terzo a un amico che deve estinguere un debito di gioco.
Then I walked around, me and the dog did. Up and down the streets of that small town. I’d look in windows, but there was no reason to it. I didn’t know what else to do. In the end I just waited outside the hardware store where Annie James worked. I hoped. Because hope, it’s better than having nothing at all.
Bellissimo.
Ridi e poi piangi, ti incavoli e poi ti commuovi. Arrivi alla fine, e vorresti ricominciare dall’inizio. Non leggevo un libro così bello da tanto tempo. Purtroppo in Italia non è pubblicato, io l’ho preso a San Francisco alla City Lights Bookstore, edito dalla Harper Perennial. Willy Vlautin è più noto come cantante del gruppo alternative country Richmond Fontaine. Non so se preferirlo come scrittore o come cantante… di sicuro i testi delle canzoni meritano. Come dice Willy nell’intervista in fondo al libro:
In general I always think my fiction is a bit more easygoing than my songs. I have a hard time being light in a song. In a story you have more room to breathe. You can be dark with moments of light, good times, and hope. It’s always been harder for me to write upbeat songs. It’s just in my blood to write sad ones.
*giuliaduepuntozero
PS: grazie jeeno per avermi segnalato il libro, ne valeva proprio la pena! Abbiamo comprato anche gli altri due che ha scritto, *Northline* e *Lean on Pete*, tu li hai letti?
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