
Centocinquant’anni di Unità d’Italia. A mio modo vorrei pensare a questo giorno, soprattutto a questa idea di Italia, ricordando uno scrittore, e un libro che amo molto.
E’ Ippolito Nievo, Confessioni d’un Italiano.
Fidatevi, è un libro ricco, bello, pieno di vita; e spassoso, commovente e ironico.
Ma anche intensamente vissuto e – tratto non trascurabile – linguisticamente assai significativo. Significativo dei rapporti fra la nostra lingua nazionale e gli usi che di essa, anche in relazione ai dialetti, son stati fatti nel tempo, nello spazio, nei ceti. E quindi dello strano, avvolgente vincolo fra le parole e le cose.
Il libro di Nievo, quando la prima volta mi capitò fra le mani, sembrava avere la polvere addosso, la polvere che lascia qualche vago ricordo scolastico fatto di alcune righe del manuale e di nessuna lettura diretta.
Poi però basta, appunto, leggerlo, farsi trascinare da questo Carlo, il narratore-personaggio-protagonista che, ottantenne, narra la sua vita intrecciando il microcosmo del feudo friulano in cui è nato e cresciuto, con la storia d’Italia dall’epoca napoleonica fino alla vigilia dell’Unità (Nievo comincià a scriverlo nel 1857).
Ma il romanzo non è un pretesto per raccontare un’epopea, non c’è nessuna ideologia. Tutt’altro: niente retorica, molta ironia, molta sperimentazione delle risorse linguistiche nazionali. E poi una bella, tenerissima storia d’amore fra Carlo e la Pisana – davvero indimenticabile, persino commovente. E ancora la parabola dell’esperienza di vita individuale dentro il flusso di quella collettiva e storica; e ancora, il quadro dell’epoca, la coscienza patriottica, il ridimensionamento delle idealità, la maturazione del realismo politico.
La vita di Nievo, dell’autore, a differenza di quella del suo personaggio narratore, si concluse presto, a 30 anni, nel mar Tirreno a bordo del vecchio piroscafo “Ercole”, nel 1861.
Era partito da Palermo dove aveva raccolto documenti da portare a Torino per smontare la campagna denigratoria contro i garibaldini – insinuazioni e calunnie – organizzata dal governo piemontese.
Ippolito era uno dei Mille, aveva combattuto con coraggio e valore e Garibaldi gli aveva affidato la Viceintendenza generale della spedizione, con compiti amministrativi relativi all’equipaggiamento e alla sussistenza del corpo di spedizione. Chi ha letto l’ultimo romanzone di Umberto Eco (Il Cimitero di Praga) ricorderà che Nievo è una delle vittime di Simonini.
Insomma un grande, grande romanzo. La mia copia – un regalo del 1987 – è un verdone dei Grandi LIbri Garzanti. Irrinunciabile.
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