La crisi economica è anche il fallimento degli economisti?

The mortgage center - Richard Hook, Flickr
The mortgage center – Richard Hook, Flickr

L’ultimo numero della Rivista dei Libri (maggio 2009) pubblica un articolo di Amartya Sen (Nobel per l’economia nel 1998), “Il Capitalismo oltre la crisi” (l’originale sulla New York Review of Books, marzo 2009, “Capitalism Beyond the Crisis“).

L’articolo di Sen –  oltre a essere un gran bell’esempio di come si possa scrivere di economia ad alto livello, facendosi capire anche da chi non è specialista – è un indicatore di come la crisi economica che stiamo vivendo sia percepita e analizzata dai contemporanei come un passaggio decisivo, una salto della storia, uno di quei momenti dopo i quali le cose, chiaramente, “non sono più come prima”.

Alcuni  economisti (insieme a pochi politici illuminati: Obama, per esempio) sembrano i più consapevoli, dopo, ovviamente, chi la crisi la sta già pagando pesantemente giorno dopo giorno.

Alcuni economisti, poi, vanno oltre e ammettono con lucidità l’incapacità (o le difficoltà) della disciplina di fare previsioni adeguate. A questo proposito, merita attenzione un altro articolo della New York Review of Books dal titolo che più esplicito non si può: “The Failure of the Economy & the Economists” di Benjamin di Friedman.

Infine, nella trama e nello stupore di questa crisi economica, mi trovo a leggere Il Cigno Nero. Come l’improbbaile governa la nostra vita, di Nassim Taleb, un libro di un paio di anni fa, piuttosto controverso ma assai ricco di idee e molto molto attuale proprio perché fra i fallimenti filosofici e di interpretazione di cui ci parla l’autore, gli esempi di incapacità di analisi dell’imprevisto di fronte all’andamento dell’economia sono fra i più significativi. Libro su cui ancora non so bene che dire, spero di tornare a parlarne presto.

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2 risposte a “La crisi economica è anche il fallimento degli economisti?”

  1. Ho leggiucchiato “Il cigno nero ” un pò di mesi, fa attratta dal sottotitolo. Ammetto di non averlo finito ma ho trovato le parti che ho letto molto interessanti; non l’ho finito perchè desideravo leggere anche altro e tutto in quel momento (Latouche; Todd e Garbage) e perchè il tipo di scrittura mi stancava un pò, ma penso che anch’io lo riprenderò.

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  2. E’ da tempo che medito sull’argomento che hai proposto, un tema difficile per gli iniziati, figuriamoci per i profani.
    Però è da tanto che leggo libri sull’argomento, e le mie letture mi hanno permesso di anticipare la crisi dei mutui, almeno nell’ambito strettamente familiare (a mio suocero, ascoltatore incolpevole delle mie elucubrazioni economiche).
    Ciò vuol dire che molti economisti avevano già lanciato l’allarme per tempo.
    Ma la cosa importante che questi scritti mi hanno fatto comprendere, è che l’attuale crisi è solo la febbricola di un’infezione molto ampia, che non può essere curata con iniezioni di fiducia.
    E’il nostro modello di vita che l’ha procurata e continuerà a procurarne altre, se non affrontiamo per tempo il vero problema, ossia l’eccesso di produzione e la scarsità di risorse naturali. Questo è il punto toccato da tutti i libri che ho letto.

    Tra gli ultimi, molto belli e comprensibili mi sono sembrati un saggio di G. Ruffolo (Il capitalismo ha i secoli contati), di J. Attali (La crisi e poi?), ed anche un libro di F. Rampini che ha distribuito Repubblica qualche giorno fa.
    Sarà il mio innato pessimismo, ma queste letture me ne hanno ricordata un’altra risalente alla giovinezza, un libro bellissimo di fantascienza, Anni senza fine, di Cliffors Simak, che parla con nostalgia della decadenza della Terra.
    Quella che ci aspetta, se non la smettiamo di consumare come degli invasati.
    Solo se capiremo questo punto, potremo dire che questa crisi sarà stata un salto nella storia.

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