
L’ultimo numero della Rivista dei Libri (maggio 2009) pubblica un articolo di Amartya Sen (Nobel per l’economia nel 1998), “Il Capitalismo oltre la crisi” (l’originale sulla New York Review of Books, marzo 2009, “Capitalism Beyond the Crisis“).
L’articolo di Sen – oltre a essere un gran bell’esempio di come si possa scrivere di economia ad alto livello, facendosi capire anche da chi non è specialista – è un indicatore di come la crisi economica che stiamo vivendo sia percepita e analizzata dai contemporanei come un passaggio decisivo, una salto della storia, uno di quei momenti dopo i quali le cose, chiaramente, “non sono più come prima”.
Alcuni economisti (insieme a pochi politici illuminati: Obama, per esempio) sembrano i più consapevoli, dopo, ovviamente, chi la crisi la sta già pagando pesantemente giorno dopo giorno.
Alcuni economisti, poi, vanno oltre e ammettono con lucidità l’incapacità (o le difficoltà) della disciplina di fare previsioni adeguate. A questo proposito, merita attenzione un altro articolo della New York Review of Books dal titolo che più esplicito non si può: “The Failure of the Economy & the Economists” di Benjamin di Friedman.
Infine, nella trama e nello stupore di questa crisi economica, mi trovo a leggere Il Cigno Nero. Come l’improbbaile governa la nostra vita, di Nassim Taleb, un libro di un paio di anni fa, piuttosto controverso ma assai ricco di idee e molto molto attuale proprio perché fra i fallimenti filosofici e di interpretazione di cui ci parla l’autore, gli esempi di incapacità di analisi dell’imprevisto di fronte all’andamento dell’economia sono fra i più significativi. Libro su cui ancora non so bene che dire, spero di tornare a parlarne presto.
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