Dopo il “lettore comune“, del quale aveva parlato Berardinelli qualche settimana fa, ecco che torna a galla il “public critic”, evocato da Luigi Sampietro, sempre su “Domenica Sole 24 Ore” (ieri, 2 novembre).
Del public critic fa un’apologia, dice Sampietro, Ronan McDonald in The Death of Critic (Continuum, New York).
Il public critic sarebbe
schiacciato di questi tempi fra il difficilese degli accademici e il chiacchiericcio della blogosfera. Due tipi di linguaggio, non importa quanto lontani (ammesso che lo siano), che fanno sì che professori e dilettanti abbiano paradossalmente in comune il fatto di parlare solo tra di loro. Sono due ambiti, o contenitori – o clan – in cui il responso critico è omogeneizzato e le differenze ridotte al minimo. Ciascuno parla (e ascolta) solo chi condivide i suoi stessi gusti e i sui stessi intenti. (parole di Sampietro)
E la reputazione del critico letterario è stata svalutata perché (per una serie di cause) si sarebbe diffusa la convinzione che “il valore artistico di un’opera sia solo una questione di gusti” (parole testuali di McDonald, citate da Sampietro).
Ma non potremmo avere buoni “Public critic” e sforzarci di non fare chiacchiericcio e parlare con chi non la pensa esattamente come noi…? Insomma, non è un quadro troppo brutto per essere vero? Su questo blog, per esempio, mi sembra si sia tutti abbastanza disponibili a cercare l’aiuto dei “public critic” anche senza creder loro ciecamente e senza pensare che il valore artistico di un’opera sia solo una questione di gusti…
Lascia un commento