Di solito prima il libro e poi il film e si resta delusi. Nel mio caso è accaduto il contrario: prima il film e subito dopo una gran voglia di leggere il romanzo, ESPIAZIONE di Mcewan, acquistato da tempo e non letto, e, nel rispetto dei due diversi linguaggi, una buona valutazione di entrambi, film e romanzo. Anzi è stato piacevole, leggendo il testo scritto, avere negli occhi i personaggi, che si esprimevano sempre con le parole del libro.
Quasi metà romanzo, per raccontare un giorno di una calda estate del 1935, in cui in una villa di una famiglia inglese alto borghese accadono certi fatti che Briony, adolescente di tredici anni, dalla fervida immaginazione fraintende e che porteranno in prigione Robbie, un altro personaggio importante della storia, vittima di un’accusa infamante.
Quel McEwan, che nel suo ultimo romanzo Chesil Beach, ambientato nel 1962, narra con acuta sensibilità di una prima notte di nozze e della incapacità o impossibilità di consumare il matrimonio, in ESPIAZIONE invece ci introduce nella prima parte del racconto in un’imprevista iniziazione sessuale e con altri attori in un ancor più imprevedibile stupro.
E così quel giorno in quella casa segnerà la vita di tutti: diversi capitoli per narrare gli stessi fatti da diversi punti di vista.
Una seconda parte ci porta dentro la guerra, vissuta in primo piano da Robbie, uscito dal carcere, reclutato in fanteria e convolto nella disfatta di Dunkerque.
Una Terza parte dal punto di vista di Briony, che cresciuta espia il suo senso di colpa per il fraintendimento commesso, rinunciando alla sua vita agiata e facendosi infermiera, come già la sorella Cecilia, che ama ricambiata Robbie e non ha mai creduto alla sua colpevolezza.
La storia si dipana con lentezza soprattutto nella descrizione dei personaggi, dei luoghi, della guerra, degli ospedali, ma sempre con la induscutile bravura di cui McEwan è capace.
Bella la storia nella sua tragicità, ma soprattutto interessante e fondamentale la riflessione sull’artista scrittore nel rapporto con la sua opera e così Espiazione, da romanzo sentimentale e di guerra, si fa metaromanzo.
Briony già a tredici anni è scrittrice, in quel giorno del 1935 e in quella villa, pronta a mettere in scena un suo testo teatrale, cosa che in realtà avverrà nella quarta brevissima parte del romanzo, quando nel 1999 in quella stessa villa, diventata un anonimo albergo, ormai settantenne e scrittrice affermata ,festeggia il suo compleanno.
Fialmente ha scritto il romanzo, tentato più volte, in cui racconta la verità sui fatti accaduti e fraintesi nel 1935. La scrittura come riparazione da una parte e dall’altra con un finale diverso, quello che avrebbe voluto che fosse, se non ci fosse stato il fraintendimento e la tragedia della guerra.
Gli amanti sopravvivono felici. Finchè resterà anche una sola copia, un unico dattiloscritto della mia stesura finale…sopravviveranno per amarsi.
Il problema in questi cinquantanove anni è stato un altro: come può una scrittrice espiare le proprie colpe quando il suo potere assoluto di decidere i destini altrui la rende simile a Dio? Non esiste nessuno, nessuna entità superiore a cui possa fare appello, per riconciliarsi, per ottenere il perdono. Non c’è nulla al di fuori di lei. E’ la sua fantasia a sancire i limiti e i termini della storia. Non c’è espiazione per Dio, nè per il romanziere, nemmeno se fossero atei.
E la Briony di queste considerazioni sul potere della creazione letteraria è non solo ormai vecchia, ma sa anche di essere malata, affetta da demenza senile, all’inizio di una malattia degenerativa che poco per volta le porterà via la memoria.
Straordinaria l’ultima scena del film di Joe Wright, in cui un’efficace e sensibilissima -come sempre- Vanessa Redgrave è Briony da vecchia.
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