Per orientarmi tra i 170 titoli che ogni giorno sfornano gli editori in libreria, ho una mia personale bussola: si chiama Antonio D’Orrico (il critico letterario di Corriere Magazine). Senza il suo contributo mi sarebbe davvero difficile scegliere. Solo che le sue indicazioni io le capovolgo. Sempre. Se lui consiglia caldamente un romanzo o un saggio, io lo evito accuratamente. Se lui stronca un libro, io mi precipito a comprarlo.
Quando scrisse di Giorgio Faletti come il migliore scrittore di gialli in Italia, io non ci cascai. E svangai così il mattonazzo best seller da metropolitana. Oggi, dalle colonne del Magazine, D’Orrico parla molto male dell’ultimo libro di Vittorio Sabadin: L’ultima copia del New York Times (ed. Donzelli). Lo descrive così: “Il libro più noioso della settimana. Tema: morte del giornalismo di carta. Sarà. Certo che rischia sul serio di morire chi legge libri così”. Credo proprio che correrò il rischio.
Qualcuno di voi l’ha già letto? E’ sopravvissuto? Pareri?
La mia bussola da libreria
Per orientarmi tra i 170 titoli che ogni giorno sfornano gli editori in libreria, ho una mia personale bussola: si chiama Antonio D’Orrico (il critico letterario di Corriere Magazine). Senza il suo contributo mi sarebbe davvero difficile scegliere. Solo che le sue indicazioni io le capovolgo. Sempre. Se lui consiglia caldamente un romanzo o un…
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Commenti
4 risposte a “La mia bussola da libreria”
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No, non ho letto il libro (sono una povera stagista!), ma ho letto una recensione positiva su ttl della stampa di qualche mese fa e mi sembra che il tema sia interessante e molto gettonato.
I giornalisti amano parlare di se stessi.
Quanto sarà aggiornato il testo?
D’Orrico è una parabola: capta alcuni fenomeni. Non me la sentirei di sparare a zero: tutti lo punzecchiano perché è così visibile…boh…ci crede a quello che scrive."Mi piace""Mi piace"
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Io sto leggendo il libro di Vittorio Sabadin, e lo trovo bellissimo. Indispensabile per chiunque voglia capire il passato, il presente e il futro dell’editoria. Forse sì, i giornalisti amano parlare di se stessi ma in questo caso non c’è nessuna autoreferenzialità, il linguaggio è asciutto e conciso, i dati sono aggiornatissimi (dagli anni ’90 a oggi, l’ultima edizione è di marzo 2007), lo stile è brillante. Se il ritmo in un libro per voi è importante (per me è essenziale), dovete leggerlo.
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Insomma, io i critici alla D’Orrico in genere non li leggo proprio; non perché non abbia fiducia, è che il contesto, non favorisce; un magazine frullato, una paginetta dedicata ai libri. Non mi attira.
D’altra parte se così a bruciapelo mi avessero chiesto un orientamento di futura lettura o meno del libro di *Sabadin*, ecco anche io avrei detto: *no grazie*, mi sa che è una roba autoreferenziale e noisa.
Poi, prima di questo post, un’amica mi parla benissimo del libro del Vittorio, e allora un’idea di lettura mi è venuta. Forse lo leggo. Forse.
Esattamente quello che pare avvenga smepre più spesso nella “comunità” dei lettori. Ci si fida degli amici, insomma. Non dei critici.take care
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bravo luiginter, concordo….anche perchè non si riesce mai a sapere se il critico (o la critichessa di turno) sia spinto da sollecitazioni da parte degli editori per recensire questo o quel libro su giornali o tv. Meglio, come dici tu, fidarsi degli amici.
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