Stephen King, Scott Smith, la narrativa “popolare” e la nostra incapacità di leggerla. Come si dovrebbe

Stephen King, pubblicato dal Corriere della Sera di domenica scorsa, 28 gennaio 2007, ci presenta il nuovo romanzo di Scott Smith: Rovine. Di Smith non so praticamente niente, salvo quello che ci dice, appunto, King e il fatto che il precedente romanzo si chiamasse Un piano semplice. Secondo King, Scott Smith è uno scrittore di…

Stephen King, pubblicato dal Corriere della Sera di domenica scorsa, 28 gennaio 2007, ci presenta il nuovo romanzo di Scott Smith: Rovine. Di Smith non so praticamente niente, salvo quello che ci dice, appunto, King e il fatto che il precedente romanzo si chiamasse Un piano semplice.
Secondo King, Scott Smith è uno scrittore di “straordinario talento” e il grande successo di Un piano semplice, uscito 13 anni fa, era pienamente meritato. Questo Rovine – storia di cinque turisti nella giungla messicana cui succede qualcosa di “orribile” – dice King, forse non è bello quanto il precedente, ma è un romanzo di grande forza e un’operazione coraggiosa. La cosa più interessante che King sostiene, però, riguarda l’incapacità di molta critica di capire la cosiddetta narrativa popolare:

Questi critici, che non attribuiscono alla letteratura popolare altre qualità all’infuori della trama, non coglieranno l’impressionante tecnica di Smith.

Ecco, il tema della narrativa popolare riemerge periodicamente nei gruppi di lettura e anche su questo blog, magari con toni e accenti diversi. Un tema che però abbiamo sempre faticato ad affrontare bene, con tutta l’attenzione che meriterebbe. King accenna alla grande tecnica di Scott Smith, che va ben oltre la trama, e forse ci invita a provare, anche quando leggiamo questi libri (ma è una mia interpretazione), a usare alcuni dei criteri di analisi e lettura che usiamo quando leggiamo quella che viene definita letteratura “alta”. Per esempio, potremmo prenderlo come un invito a non accontentarci del senso solo lineare del testo e provare ad applicare a questi libri anche la concezione del “labirinto di nessi” che Tolstoi individuava nei grandi romanzi e racconti. Oppure è esagerato?

Commenti

17 risposte a “Stephen King, Scott Smith, la narrativa “popolare” e la nostra incapacità di leggerla. Come si dovrebbe”

  1. Avatar pessimesempio

    Non conosco l’autore citato da King se non vagamente di nome e quindi può darsi che prenda un abbaglio, ma se la mia idea di lettarura popolare collima con quella di cui si parla in questo post, mi sembra che la definizione labirinto di nessi sia un tantino esagerata. Ho letto quest’estate due libri di Avoledo, Lo stato dell’Unione e L’elenco telefonico di Atlantide e credo che si avvicinino a quello che a me sembra narrativa popolare: trame tutto sommato semplici, accattivanti ,almeno il primo che ho citato, con qualche ammiccamento all’attualità politica e alla fantascienza, con personaggi femminili stile virago perverse anzichè non ( ma gli hanno fatto qualcosa le donne ad Avoledo?), uno stile lineare e linguisticamente comprensibile, senza eccessive virate verso l’alto, anzi casomai con qualche discesa verso il basso nei dialoghi in special modo, che non guasta mai. Se questa idea di letteratura corrisponde alla letteratura popolare, direi che il labirinto io non ce l’ho visto. Una parolina anche su Evangelisti, che conosco poco anch’esso. Ho provato a leggere, comprandolo ahimè, il primo libro della sua famosa saga, ma mi sono fermata quando circa a pagina trenta ho trovato il dialogo tra fra’cristoforo e don rodrigo riscritto quasi fedelmente. Letteratura bassa?

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  2. Avatar theleeshore
    theleeshore

    Nemmeno io conosco Smith, l’articolo però l’ho letto e ho pensato: sì ma quali sarebbero le qualità all’infuori della trama che i critici non riecono a cogliere? In cosa consiste questa straordinaria tecnica? Lui non lo spiega e, avendo sollevato il problema, avrebbe dovuto. Ma mettiamo pure che non si usino gli stessi criteri di lettura: il punto è proprio questo. Nei classici, il labirinto di nessi si autogenera, insomma capita, è come un fenomeno naturale, è un’associazione istintiva, spontanea. Con questi libri invece, non succede (o almeno, a me non succede). Perché? Allora, io sono dispostissima a una lettura orientata, metatestuale, strutturalista (insomma, metteteci dentro quello che volete) ma Stephen King ci spieghi cosa voleva dire. Altrimenti fa la fine dei critici che lui tanto critica: loro parlano, noi non capiamo.

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  3. Avatar luiginter

    Non mi attira particolarmente King ed è vero che in quell’articolo non ci spiega in cosa consista la *tecnica* di Smith; ma è vero che i critici di letteratura “alta” spesso nemmeno si cimentano con quella popolare e non la capisco (io stesso, per altro, pur non essendo né un critico né particolarmente colto, fatico a interessarmi). Credo che dell’articolo di King si debba trarre però come una *sfida* a *provare a leggere* questi libri con uno spirito disponibile a coglierne tecnica e sensi non immediati. Perché forse, in alcuni di questi, c’è qualcosa che vale e che ci stiamo perdendo.
    Io accetto la sfida di King e proverò con Smith, con _Un piano semplice_. Magari poi vi dico.
    Per *theleeshore*, secodno me in _On Writing_, Autobiografia di un mestiere (Sperling), King spiega cosa intenda per tecnica. Sabato magari facico un salto in biblioteca e poi vi dico.

    ciao a tutti

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  4. Avatar Ilaria
    Ilaria

    Volevo già rispondere all’altro post, ma poi non ho avuto tempo e trovo sia un argomento molto interessante. Secondo me non è che si possa parlare di una distinzione tra letteratura di serie A e di serie B, di letteratura Alta e popolare, quanto -piuttosto- di una distinzione tra letteratura e “prodotto letterario”(Spinazzola suggerisce il termine “paraletteratura” mi pare), che non è letteratura, ma un testo scritto per un determinato pubblico di contemporanei, con alcuni meccanismi narrativi prefissati, scritti da autori che conoscono bene le tecniche narrative (e il mercato editoriale!!) e sanno accontentare sempre le aspettative del loro pubblico. Non è letteratura perchè non rimane e non rimarrà nel tempo e non è neanche scritta a questo scopo, è importante solo nel momento in cui è vissuta…e il resistere al tempo è, secondo me, una delle caratteristiche fondamentali dell’opera d’arte (quindi anche opera letteraria). L’errore della critica, a mio parere, è il non considerare che anche questi libri hanno una loro importanza e funzione, anche se diverse dalla Letteratura. Bisogna riconoscere una certa abilità in questi scrittori, che sanno sviluppare degli ottimi intrecci e sanno tenere incollati a libri mastodontici lettori, solitamente, poco forti…e poi leggere libri qualitativamente più scarsi, ma avvincenti e scorrevoli, può avvicinare alla lettura anche chi solitamente non ne è attratto! Questo sicuramente è qualcosa di molto positivo…un grande merito per questi scrittori, qualcosa su cui i critici dovrebbero riflettere più profondamente.
    ciao a tutti e scusate la lungaggine!!

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  5. Avatar marinaforlani
    marinaforlani

    …altro che lungaggine *Ilaria*ma gratitudine, per chiarezza e consistenza di idee…
    il pensiero complesso, articolato, non si può sintetizzare più di tanto, sarebbe un semplicismo e non una semplificazione, secondo me…
    …personalmente, da *luiginter*a *theleeshore* passando per *pessimoesempio*, leggervi su questo argomento è un piacere della mente.

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  6. Avatar theleeshore
    theleeshore

    Sì, quello che dite a proposito delle tecniche narrative è molto interessante e sono curiosa di capire cosa intende Stephen King, nel dettaglio. Che poi si ricollega alla relazione di cui parla Ilaria tra mestiere e mercato editoriale. E, in effetti, per numero di lettori e numero di pagine scritte, autori come King sono quello che era Dumas nell’Ottocento (ma anche Balzac, che per necessità scriveva un tanto al chilo). E visto che non c’è niente di più divertente di un romanzo d’appendice ben scritto, spero proprio di sorprendermi…
    ps grazie Marina, la mia giornata oggi sarà migliore.

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  7. Avatar Sara
    Sara

    Vengo da una formazione scientifica, sono abituata alle definizioni. Per parlare di narrativa popolare, occorre mettersi d’accordo su che cosa è: libri che vendono tanto? anche Eco vende, ma fatico a definirlo popolare. Libri che sono alla portata di tutti?anche Boccaccio lo era ai suoi tempi, ma adesso lo troviamo sui libri del liceo (!). Intendiamoci, non penso che King finirà sui libri di antologia, ma non mi piacciono molto le definizioni, le puzze sotto il naso che hanno certi intellettuali…mi danno un senso di soffoco.

    PS. Oggi ho pensato a voi tutti quando un’amica ironica mi ha detto: La differenza fra un intellettuale e gli altri è che il primo riesce a leggere Musil, gli altri no.
    Io per ora non ci riesco… 🙂

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  8. Avatar luiginter

    La richiesta di definire “narrativa popolare” è comprensibile ma rischia di portarci fuori strada. Io nel titolo ho messo tra virgolette l’aggettivo popolare, proprio perché King non lo definisce.
    (Ilaria in verità nel suo commento prova a definire “per differenza” la letteratura dal prodotto letterario).
    Non so se King rimarrà nel tempo o no, credo di sì. Credo finirà anche nelle antologie. E non ci trovo nulla di male.
    Secondo me la questione interessante che pone King però riguarda non tanto come definire questa narrativa, ma *come leggerla* per non sottovalutarla, per non perderne caratteristiche interessanti e temi meno evidenti.
    Il che poi non significa che tutto ciò che viene rubricato nella narrativa popolare sia della stessa qualità o non qualità. Alcuni sono più bassi, molto bassi; altri più alti. Alcuni probabilmente, col tempo, verranno portati addirittura nella letteratura alta. Il tema però, lo ripeto, è provare a leggere bene _anche_ questa narrativa.
    *Sara*, io a fatica, il primo volume dell’uomo senza qualità l’ho letto; e fra un po’ leggerò anche il secondo volume. Certo non sono un intellettuale e non mi preoccupo se ogni tanto leggo “popolare”: Maigret è popolare?; Izzo è popolare? Dumas è popolare? Alan Ford (fumetto) è popolare? Hugo è popolare? mah 🙂

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  9. Avatar Sara
    Sara

    Come posso dire? touchè!
    per il resto…bhè forse per avvicinarsi alla “popolare” occorre un po’ di buona predisposizione. Se poi un libro annoia, annoia.
    Per inciso, quando lessi “It” di King, la notte dormivo male…ero ragazzina, e lui ha descritto le paure dei bambini, bene, ma proprio bene…

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  10. Avatar capaldi
    capaldi

    Vorrei permettermi un’affermazione a quanto pare politicamente scorretta: la distinzione tra letteratura di serie A e di serie B secondo me esiste eccome. La validità di un’opera non va confusa con il gusto corrente, con le mode, con le rivalutazioni estemporanee, con le campagne di propaganda delle case editrici. Oggi va di moda dire che i gialli non sono di serie B. E perché gli Harmony invece sì? Forse domani diremo che sono anch’essi capolavori e che sono i critici tromboni che non li capiscono?

    Ci sono opere in grado di creare un mondo; di far nascere personaggi che ci accompagnano per tutta la vita, che ricordiamo come fossero veri e vivi anche molti anni dopo la lettura di un libro. Questo succede perché quell’universo, quel personaggio ci ha toccato l’anima. La puzza sotto il naso non c’entra. Opere così non possono essere assimilate a opere di intrattenimento che, pur piacevoli e ben costruite (io ne leggo un casino!), scompaiono dal nostro orizzonte mentale non appena iniziamo un altro libro.

    Kandinskij, nel libro “Lo spirituale nell’arte”, scriveva: “La storia dell’arte può essere rappresentata come una piramide. Alla base ci sono gli artisti figli del proprio tempo. Più in alto si trovano gli artisti figli soltanto di se stessi. E al vertice ci sono gli artisti figli dell’arte”. Kandinskij azzardava anche una definizione di arte: “E’ arte ciò che ottiene un efficace contatto con l’anima” (caratteristica che riguarda soltanto ciò che sta al vertice della piramide). Non ho mai trovato una definizione migliore. E per quanto mi riguarda è l’unico criterio che mi fa distinguere anche buona e cattiva musica; buona e cattiva letteratura. La distinzione tra serie A e B, tuttavia, non è rigida. Parlando della Piramide dell’Arte, Kandinskij avvertiva che talvolta succede che un artista possa salire di un gradino. Succede, certo, che opere ritenute di *genere* sconfinino nell’insieme superiore, ma sono appunto eccezioni.

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  11. Avatar theleeshore
    theleeshore

    capaldi, che posso dire? Sono commossa. La definizione di Kandiskij, così semplice e così essenziale, è strepitosa. Non ho – qui – gli strumenti per risponderti in modo adeguato ma… a più tardi!

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  12. Avatar luiginter

    *Capaldi*, non è scorretto dire che c’è letteratura di serie A e di serie B. Io volevo dire solo che non è questo il tema di questo discorso avviato da King. Il tema è la nostra capacità di leggere come si deve anche la letteratura che consideriamo di serie B.
    A me basta che la Juve sia andata in serie B. Giustamente! 🙂

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  13. Avatar marinaforlani
    marinaforlani

    …scusa *luiginter*ma io non riesco a capire cosa intenda King, e quando non capisco cerco di capire ma fino ad un certo punto…se King intende dire che una produzione letteraria,oltre che “in sè”, va letta anche come prodotto di:a)un periodo storico b)uno “zeitgeist”, lo spirito dei tmpi dei cultura germanica c) una classe economica d)una visione di genere….mi fermo ma possiamo, volendo, non finirla più…
    se leggo un libro,tutto queste analisi posso anche farle, se lo desidero, ma non perchè me lo chiede un King, che, mia ipotesi, si sente “defraudato di piani di lettura”.

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  14. Avatar marinaforlani
    marinaforlani

    errore:…”zeitgeist”, lo spirito dei tempi della cultura germanica.
    Scusate

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  15. Avatar theleeshore
    theleeshore

    Io non so dare una definizione di letteratura di serie B o popolare (non in senso proprio), è un percorso personale, è per me letteratura minore quella che mi annoia, e, guarda caso, sono molto, molto più spesso autori contemporanei. So dire però perché mi piacciono i classici o meglio, vi lascio queste parole di Calvino, che spiegano il motivo per cui – ma soprattutto come – io leggo i classici: è un fatto istintivo, naturale, di pelle e certo, di necessità, per vivere meglio (insomma, la risposta letteraria alla concezione di Kandiskij di cui parlava capaldi stamattina). E’ un’intervista che Calvino ha rilasciato all’Europeo nel 1980 e poi pubblicata nella prefazione di Perché leggere i classici (Oscar Mondadori):

    “Amo soprattutto Stendhal perché solo in lui tensione morale individuale, tensione storica, slancio della vita sono una cosa sola, lineare tensione romanzesca. Amo Puskin perché è limpidezza, ironia e serietà. Amo Hemingway perché è matter of fact, understatement, volontà di felicità, tristezza. Amo Stevenson perché pare che voli. Amo Cechov perché non va più in là di dove va. Amo Conrad perché naviga l’abisso e non ci affonda. Amo Tolstoj perché alle volte mi pare d’essere lì lì per capire come fa e invece niente. Amo Manzoni perché fino a poco fa l’odiavo. Amo Chesterton perché voleva essere il Voltaire cattolico e io volevo essere il Chesterton comunista. Amo Flaubert perché dopo di lui non si può pensare di fare come lui. Amo Poe dello Scarabeo d’oro. Amo Twain di Huckleberry Finn. Amo Kipling dei Libri nella giungla. Amo Nievo perché l’ho riletto tante volte divertendomi come la prima. Amo Jane Austen perché non la leggo mai ma sono contento che ci sia. Amo Gogol perché deforma con nettezza, cattiveria e misura. Amo Dostoevskij perché deforma con coerenza, furore e senza misura. Amo Balzac perché è visionario. Amo Kafka perché è realista. Amo Maupassant perché è superficiale. Amo la Mansfield perché è intelligente. Amo Fitzgerald perché è insoddisfatto. Amo Radiguet perché la giovinezza non torna più. Amo Svevo perché bisogna pur invecchiare. Amo…

    Nelle giornate come queste, dove la voglia di silenzio mi insegue per tutto il giorno, questo è un rifugio sicuro. Spero abbiate capito.

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  16. Avatar pessimesempio

    Intervengo ancora un’ultima volta su questo argomento, che mi piace. Vorrei dire che non sono d’accordo sul definire letteratura di serie b quella che mi annoia, perhè ci sono libri di grandissimi scrittori che mi hanno profondamente annoiata e quindi non lo ritengo per me un criterio valido di selezione. Così come mi annoiano anche molti libri di giovani autori, d’altra parte. Credo che per me valga invece un altro criterio, che ha a che fare da una parte con il contenuto edall’altra con lo stile della scrittura. Considero letteratura di serie b quella che è ammiccante ai gusti del momento, quella che sceglie di inserire nel racconto ( a parte che non è la letteratura a scegliere ma chi scrive) particolari o eventi o personaggi che in qualche modo sono costruiti proprio con la finalità di attirare un certo tipo di pubblico. Lo stesso vale per lo stile. Sono diventata molto esigente con il passare del tempo su questo aspetto. MI piacciono i libri ben costruiti e ben scritti e pur amando molto leggere testi contemporanei, trovo che oggi sono veramente pochi (in particolare in Italia) gli/le scrittori/ scrittrici che innovano da questo punto di vista, propongono strutture narrative e linguaggi che davvero spiazzzano chi legge, lo costringono a capire. In genere trovo libri ben fatti, ma che in un modo o nell’altro sanno di già letto, in tutti i sensi. Questo per quanto riguarda la mia definizione approssimata di letteratura di serie b. Poi sono d’accordo con luigi in definitiva, che il problema non sia tanto nel definire ( ognuno avrà la sua, di definizione) quanto piuttosto se davvero vale la pena leggere questi testi. Su questo la mia risposta è ancora un po’ sospesa, nel senso che da una parte credo chepossa essere anche corretto cimentarsi nell’impresa di leggere un autore del genere (ma allora perchè non Harmony, appunto?), corretto nel senso da “buon lettore” ( che mi sa un po’ di buon samaritano, però in questo caso); dall’altra però credo anche che sia difficile che persone che sono abituate a “livelli” diversi possano accostarsi a letture di questo tipo volentieri. E poi perchè ai dovremmo accostarci? per capire cosa? cosa cattura le persone tanto da far comprare non so quante copie di un libro di faletti, tanto per citarne uno? ecco, forse è lo scopo che non capisco. Scusate la lunghezza, a presto.

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  17. Avatar fenice
    fenice

    Bellissimo lo stralcio d’intervista a Calvino riportato da theleeshore. Grazie!

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