In queste ultime settimane, su questo blog, ma anche in alcune conversazioni con amici o conoscenti, si parla molto di racconti. Anche nell’elenco dei libri migliori letti nel 2006 (l’elenco lo trovate qui; per scrivere i vostri libri più belli del 2006, andate invece qui) sono presenti molti volumi di racconti.
Mi piacerebbe avviare un gruppo di lettura – magari anche a distanza, usando il blog – dedicato ai racconti.
Spesso la scrittura, nei racconti dei grandi, si avvicina alla perfezione. In un saggio dei primi anni Ottanta, Raymond Carver ha scritto:
Mi piace quando nei racconti c’è un senso di minaccia. Credo che un po’ di minaccia sia una cosa che sta bene, in un racconto. Tanto per cominicare, fa bene alla circolazione. Ci deve essere della tensione, il senso che qualcosa sta per accadere, che certe cose si sono messe in moto e non si possono fermare, altrimenti, il più delle volte, la storia semplicemente non ci sarà. Quello che crea tensione in un racconto è, in parte, il modo in cui le parole vengono concretamente collegate per formare l’azione visibile della storia. Ma creano tensione anche le cose che vengono lasciate fuori, che sono implicite, il paesaggio che è appena sotto la tranquilla (ma a volte rotta e agitata) superficie del racconto.
Ecco, la chiave della forza dei racconti mi sembra stia proprio in quelle cose che vengono lasciate fuori, che incombono sulle parole dette e i fatti raccontati e ci lasciano un segno in cancellabile.
Il saggio di Raymond Carver da cui è tratta la citazione è On writing ed è stata inclusa da Einaudi (Stile libero) ne Il mestiere di scrivere.
*luiginter
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