“Tempo di leggere”

ai confini della realtàHenry Bemis è un impiegato di banca miope e dimesso, con due lenti da occhiali spessi come fondi di bottiglie (proprio come da stereotipo).
La sua vera vita è la lettura: legge Dickens allo sportello della banca mentre serve i clienti, legge fra un cliente e l’altro, legge nell’ora di intervallo del lavoro, mangiandosi un panino mentre i colleghi sono in mensa. Il capoufficio lo controlla, però, lo giudica un cattivo impiegato, lo minaccia di licenziamento. Gli dice: “lei non è quello che serve a questa banca. Lei è un lettore“.
Anche sua moglie fa di tutto per impedirgli di leggere.
Il sogno di H. B. è stare solo e avere tutto il tempo per leggere. La voce fuori campo ci avverte che fra poco H.B. avrà tutto il tempo che desidera, per farlo.
Un giorno infatti H. B., durante l’ora di intervallo per il pranzo, si va a rifugiare nella camera blindata della banca dove lavora, per leggere in pace. Mentre, beato, legge protetto dal mondo esterno, un’esplosione nucleare cancella dalla città ogni forma di vita. H.B. esce e si rende conto di essere solo, con molto cibo a disposizione. Ma di non avere niente da fare. L’angoscia lo spinge quasi al suicidio quando, vagando per la città distrutta, si imbatte nella biblioteca pubblica, dove trova ogni genere di libro. Eccola la felicità a portata di mano. Solo al mondo con tutti i libri e tutto il tempo per leggerli. Finalmente felice. Ma la frenesia lo porta ad agitarsi troppo, gli occhiali cadono e le lenti si rompono. Ecco: tutto il tempo per leggere e tutti i libri. Inutili però.
Questo episodio della serie di telefilm di cultoTwilight Zone” (in Italia: Ai confini della realtà prodotta negli Stati Uniti dal 1959 al 1964) è certo un bell’esempio di stereotipo del lettore – un po’ sfigato e fuori dal mondo, ma anche un’interessante, se pure semplificata, proposizione dei dilemmi del lettore che si trova, ogni giorno, a scegliere come bilanciare la vita “fuori” e la vita dentro il libro.

“Tempo di leggere” è l’ottavo episodio della serie di Ai confini della realtà. I dvd di tutta la serie sono in vendita anche in Italia. Dal 1985 al 1989 è stata prodotta anche una nuova edizione della serie.

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11 risposte a ““Tempo di leggere””

  1. impressionante e inquietante…

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  2. Qualche tempo fa ho scritto un post su questo telefilm che mi ha molto impressionata quando ero bambina, se volete potete dare un’occhiata
    cordiali saluti
    Sciura Pina
    http://www.sciurapina.net/2006/11/24/tempo-di-leggere/

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  3. Ciao Sciura Pina, avevo visto il tuo post su Tempo di leggere. Infatti nella mia segnalazione ci ho messo il link. Grazie della visita.

    ciao

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  4. Grazie per l’attenzione e la cortesia
    cordialità
    Sciura Pina

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  5. La vera vita di Henry Bemis è lettura e lui non è socialmente utile perché “è un lettore” (e Dickens tra un cliente e l’altro è un’immagine bellissima, e non sarebbe bello poterlo fare al lavoro?) e perfino sua moglie fa di tutto per impedirgli di leggere. L’idea di rifugiarsi nel caveau per leggere poi è geniale. Perché (almeno io) spesso vivo la lettura come una fuga. Ma non saprei dire se leggo nonostante o contro qualcuno o qualcosa. Leggerei allo stesso modo se intorno a me non esistesse più nulla? Quanto al punto di equilibrio, quello spazio dentro e fuori dal libro, io non lo trovo mai. Io ho sempre le lenti dell’autore che sto leggendo in quel momento (se mi coinvolge, ma io su questo mi muovo abbastanza sul sicuro) e tutto viene visto attraverso quel diaframma. E’ entusiasmante ma forse anche un po’ ingenuo, ma una cosa è certa: mi fa assaporare quel libro come se fosse il primo libro che leggo.

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  6. In verità se H.Bemis è lo stereotipo del lettore sento di avvertirne più i limiti che l’efficacia. La sua lettura è una sorta di isolamento che per esser coltivata ipotizza l’assenza di vita intorno a sè. Mentre
    leggere per me è tante cose insieme che confluiscono nel riemergere dalle pagine con più desiderio del mondo, oserei dire. Condivido il dubbio di sparks circa la possibilità di leggere “allo stesso modo se…” e amo leggere come una conquista, quotidiana o meno,
    da gustare come un cioccolatino proibito. Il gesto del tenere un libro aperto, così semplice che sembra naturale, si colora diversamente in base al luogo. In casa è una cosa e dipende dall’ora e dalla stanza, i biblioteca, in treno, in attesa del proprio turno è un’altra, ma non meno personale. C’è, tra le tante sensazioni anche quella del non leggere, ma essere in attesa di farlo…..

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  7. Rita, ho usato “stereotipo” soprattutto perché regia e sceneggiatura del telefilm hanno dipinto il super lettore H.Bemis quasi come una caricatura; quello che un adolescente muscolare oggi definisce uno “sfigato”. Uno delle cose belle del telefilm invece è priprio la dialettica fra il “tempo di leggere” e il tempo di “vivere il resto” in una situazione normale e in una situazione così estrema e priva di ogni riferimento di limite per il tempo di leggere.

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  8. Non avevo colto bene il tuo riferimento e grazie per la precisazione.
    Forse ho solo voluto cogliere l’occasione di definire il “mio” tempo di leggere, in verità multiforme, a volte conflittuale, ma necessario.
    Rita

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  9. Rita, infatti trovo che la tua definizione “personale” del tempo di leggere sia molto bella, interessante e che offra molti spunti. In questo senso anche parlare di un vecchio telefilm può avere conseguenze piacevoli.

    ciao ciao

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  10. […] Febbraio 25, 2008 di luiginter niet lezen op de fiets!, originally uploaded by hier houd ik van. Diciamocelo, fa un po’ effetto vedere un cartello come questo (in Olanda)! Noi siamo abituati a suggerire, consigliare, invitare, (gli insegnanti a obbligare, troppo spesso) a leggere. Fatichiamo a pensare a circostanze in cui invitare a non leggere. O meglio: ogni tanto io vengo beccato ai semafori verdi dai quali non mi schiodo perché sto leggendo; ricordo poi che da piccolo era vietato leggere a tavola (i fumetti); e ancora oggi leggere mentre si mangia non va (soprattutto per chi è a tavola con noi ;). Leggere a letto in effetti è quasi sempre una pessima scelta, quando non si è soli (del resto anche i medici sono tassativi: a letto solo sonno o sesso). E poi: chi non ha mai perso una fermata della metropolitana o del tram per “colpa” del libro? Insomma, leggere può essere sgradevole, pericoloso; crea fastidio, offende, urta. Scegliamo bene dunque il  tempo per leggere… […]

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  11. […] lettura, fra una cosa e l’altra), al lavoro e ad altri fastidi sparsi, ci si rende conto che il tempo per la lettura oltre a essere pochino è anche relegato alle ore notturne (con il peso della stanchezza da […]

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