Mio papà (qui lo ammetto, uno dei miei maggiori consiglieri in fatto di letture) sostiene che un libro vada letto _dove_ è ambientato.
Insomma, I Buddenbrook a Lubecca, Jean-Claude Izzo a Marsiglia, Scerbanenco a Milano, l’Ulisse a Dublino, eccetera eccetera.
Sorvolando sulla paraticità dell’idea (io continuo a leggere scrittori statunitensi, papà, vuoi che mi trasferisca lì?), non ha tutti i torti, nel limite del possibile.
Riprendendo ad esempio I Buddenbrook, li ho letti una prima volta al liceo. In occasione di un viaggio a Lubecca, l’ho riletto, e quando ero in Germania non l’avevo ancora finito. Cavoli, mi è piaciuto ancora di più! Sono sicura di aver guardato, e anche amato, anche Lubecca in modo diverso. Mi sembrava quasi di poter incappare in un qualsiasi personaggio del libro a ogni svolta.
I libri, però, dovrebbero anche farti viaggiare, anche solo con l’immaginazione.
Io preferisco visitare un posto _dopo_ aver letto un libro, per immaginarmelo prima, e ritrovare poi nella realtà, piuttosto che il contrario.
Leggerlo _sul_ luogo, però… forse ha più influenza sul viaggio, che sulla lettura, ti fa vivere una città o un posto in un modo diverso.
Boh.
*giuliaduepuntozero
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