Non che fossero amici. Si conoscevano.
Salve, buona giornata eh, che forse farà un po’ meno caldo. Io devo camminare che ho la pressione un po’ ballerina, dice che si stabilizza, se cammino. Lei invece legge. Legga pure. Legge tanto lei, la vedo sempre lì nella penombra, col suo libro. Cosa legge? Perché legge?
Mah, disse l’amico di Giuseppe, leggo dei romanzi; anche i racconti, sa quelle che chiamano storie corte. Mi piacciono anche quelli corti: finiscono presto e ho tempo per pensarci. Leggo perché il resto della vita non mi torna. Lo disse un po’ indispettito. Chissà se l’altro capì che la domanda sul perché non gli piaceva.
A ogni modo il signore della pressione agitata gli rispose solo, Ah bene.
L’amico di Giuseppe pensava che gli piaceva quando leggeva lì al parco e qualcuno gli chiedeva che libro fosse. Ma quando gli chiedevano Perché legge? non sapeva rispondere. A pensarci bene però era una domanda più giusta dell’altra. Gli sembrava indicasse un interesse più sincero. Non era tanto per domandare. Eppure non rispondeva, le poche volte che arrivava quella domanda.
L’amico di Giuseppe poi dopo quella sera non si è più visto a leggere al parco; chissà che fine ha fatto. Giuseppe dice che nessuno ne sa nulla. Per questo ho cercato di immaginare cosa pensasse quando gli facevano le domande. L’ho fatto perché è sparito. Chissà dov’è andato.
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[immagine dalla serie schizzi orrendi]

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